La legge n. 18 del 2011 prevede che la Regione, nell’intento di dare rilievo ai “valori delle sue radici giudaico-cristiane” considerati alla base della “tradizione lombarda” “espone il crocifisso nelle sale istituzionali e all’ingresso degli immobili regionali e di quelli in uso all’amministrazione regionale”.
La questione, già dibattuta in sede nazionale riguardo all’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, nei tribunali e nei seggi elettorali, apre problematiche costituzionali rilevanti che incidono sul supremo principio di laicità nella sua triplice declinazione di principio di separazione degli ordini (art. 7 Cost); eguaglianza di tutte le religioni (artt. 8 e 20) e di garanzia della libertà individuale religiosa e di culto (art. 19).
LA NEUTRALITA’ DELLO SPAZIO PUBBLICO
L’esposizione del crocefisso nei luoghi pubblici, infatti, pone problemi rispetto al principio della neutralità dello spazio pubblico che trova copertura costituzionale nell’art. 97 della Costituzione. In effetti, come ricordato dalla Corte di cassazione nel caso Montagnana, esiste un interesse costituzionalmente rilevante a che le prestazioni della pubblica amministrazione vengano realizzate in uno spazio neutro dal punto di vista dell’orientamento religioso.
Il crocifisso potrebbe, inoltre, rappresentare una lesione della libertà di coscienza del singolo individuo, sia avendo riguardo a chi svolge una funzione pubblica in un luogo non sufficientemente neutro rispetto all’aspetto religioso, sia avendo riguardo al cittadino a alla singola persona che si trovi a qualunque titolo a dover ricevere una prestazione pubblica.
Va ricordato, infine, che il carattere obbligatorio della legge contrasta con i principi espressi dalla Corte costituzionale, seconda la quale “qualunque atto di significato religioso” “rappresenta sempre per lo Stato esercizio della libertà dei propri cittadini: manifestazione di libertà che, come tale, non può essere oggetto di una sua prescrizione obbligante” (Corte cost. n. 334 del 1996).
CROCIFISSO: SIMBOLO LAICO E NON RELIGIOSO
Tali problematiche sono state messe in luce durante l’iter di approvazione della legge e portate all’attenzione del Consiglio regionale mediante una pregiudiziale di costituzionalità presentata dall’opposizione. Tuttavia, secondo il consigliere Marelli, relatore alla proposta di legge, l’esposizione del crocifisso non pone in “pericolo” la laicità delle istituzioni in quanto “simbolo laico e non religioso”, ribadendo il pieno diritto del legislatore regionale di arredare i propri immobili senza, in alcun modo, eccedere le proprie competenze. Quindi, una banale questione di arredamento.
In realtà, l’affermazione del consigliere regionale trova qualche fondamento nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che, interrogato sulla legittimità dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, ha affermato: “Non si può però pensare al crocifisso esposto nelle aule scolastiche come ad una suppellettile, oggetto di arredo, e neppure come ad un oggetto di culto; si deve pensare piuttosto come ad un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato” (Cons. St. n. 556 del 2006).
Se esposto in sedi non religiose, dunque, il crocifisso non assume carattere discriminatorio dal punto di vista religioso, ma la sua esposizione è giustificata continuando a rappresentare valori religiosi per i credenti e, allo stesso tempo, valori civilmente rilevanti per i non credenti.
PAROLA DI ENCICLICA
Tuttavia, anche considerando il crocifisso come simbolo di valori a “fondamento del convivere civile”, la legge regionale rimane di dubbia legittimità costituzionale, soprattutto avendo riguardo alla dichiarata finalità della legge di riconoscere le radici giudaico-cristiane proprie della Regione.
La disposizione avrebbe lo scopo di dare attuazione allo Statuto di autonomia, il quale pone tra gli “elementi qualificativi della Regione” il dovere della stessa di perseguire, nell’ambito delle proprie competenze, “il riconoscimento e la valorizzazione delle identità storiche, culturali e linguistiche presenti sul territorio” “sulla base delle sue tradizioni cristiane e civili.”
La questione non riguarda più il carattere civile o religioso del crocifisso, ma la natura laica della Regione, che esplicitamente rende propri i valori delle “sue” radici giudaico-cristiane.
Ed è, ancora, il relatore Marelli a chiarire che “il riferimento alle radici giudaico-cristiane trova fondamento nell’enciclica Ecclesia in Europa di Papa Giovanni Paolo II”.
Non nella Costituzione, dunque, ma nell’enciclica.
Ebbene, se l’enciclica, come ovvio che sia, invita ad “attestare come la fede cristiana costituisca l’unica risposta completa agli interrogativi che la vita pone”, la nostra Costituzione sancisce il principio supremo di laicità che implica “garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale” (Corte cost. n. 203 del 1989) e “comporta equidistanza e imparzialità della legislazione rispetto a tutte le confessioni religiose” (Corte cost. n. 329 del 1997).