La presentazione in Parlamento di numerose mozioni (ben 9, da parte del Partito democratico, Movimento 5 stelle, Lega Nord, Scelta civica – Binetti, Scelta civica – Tinagli, Centro democratico, SEL, Fratelli d’Italia e PSI) sul tema dell’applicazione della legge n. 194 del 1978 conferma ancora una volta la drammaticità della situazione relativa all’effettivo accesso ai trattamenti interruttivi di gravidanza in Italia.
Come è noto, a fronte delle concrete problematiche che le donne incontrano nell’accesso all’interruzione di gravidanza e della mancanza di azioni efficaci tese a garantire questo diritto riconosciuto dalla legge n. 194, pendono davanti al Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa due reclami collettivi contro l’Italia, in ragione della compromissione dei diritti delle donne e dei diritti lavorativi dei medici non obiettori di coscienza derivante dall’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza (i reclami collettivi nn. 87 del 2012 e 91 del 2013, insieme alle osservazioni del Governo, sono pubblicate qui).
Il Governo italiano è intervenuto nelle procedure davanti al Comitato Europeo sostenendo che non vi è alcun problema nell’applicazione della legge e che le donne non incontrano alcun ostacolo all’accesso all’aborto.
La presentazione delle mozioni e il relativo intervento del Ministro della Salute Lorenzin, che intende impegnarsi in un efficace monitoraggio della situazione, induce a una nuova riflessione e a un auspicio, nella direzione di una effettiva presa di coscienza da parte delle istituzioni, sia a livello governativo sia a livello regionale, dello stato di applicazione della disciplina che regola l’interruzione di gravidanza, disciplina che è stata definita dalla Corte costituzionale quale legge a contenuto costituzionalmente vincolato, il cui nucleo normativo essenziale non può essere inciso se non a rischio di violare i principi costituzionali di cui è diretta espressione.
Marilisa D’Amico