Secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International, sono ben 112 i paesi nel mondo in cui viene ancora praticata la tortura.
I noti fatti di cronaca, dai casi Cucchi e Aldrovandi, ai tragici episodi del G8 di Genova, ci inducono necessariamente a pensare che la tortura non riguardi solo paesi lontani, ma che il fenomeno sia diffuso e praticato anche in Italia.
Di ciò non sembra essersi reso conto il legislatore italiano, che ancora oggi non ha previsto alcuna norma volta a definire e punire il reato di tortura.
Cos’è il reato di tortura?
La Convenzione Onu del 1989 definisce la tortura come “qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione”.
La stessa Convenzione precisa che, ai fini della qualificazione del reato di tortura, l’azione deve essere posta in essere da un pubblico ufficiale “o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito”.
Gli obblighi internazionali
Il divieto di tortura è previsto da numerose convenzioni internazionali sui diritti umani, come la Convenzione Onu contro la tortura del 1989, la Convenzione Europea per la Prevenzione della Tortura e della pene o trattamenti crudeli, e la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.
In particolare, la Convenzione Onu del 1989 contro la tortura obbliga gli Stati ad inserire nel proprio diritto penale interno il reato di tortura.
Sono moltissimi gli Stati, che proprio al fine di conformarsi a tale obbligo, hanno previsto il reato di tortura nel codice penale e, in alcuni casi, ne hanno sancito il divieto anche a livello costituzionale.
In Italia
Nonostante la Convenzione Onu del 1989 sia stata ratificata dal Parlamento nell’ormai lontano 1989, il codice penale italiano non prevede alcuna norma volta a definire e punire il reato di tortura.
I vari governi che si sono susseguiti hanno manifestato solo buone intenzioni, senza mai riuscire a raggiungere il risultato sperato.
Tuttavia, l’inerzia del legislatore italiano non è giustificabile, soprattutto se si considera che è la stessa Costituzione italiana a vietare “ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà” (art. 13 Cost.), e a sancire l’obbligo per il legislatore di conformarsi alle norme internazionali (artt. 10 e 117 Cost.).
Quali sono le conseguenze della mancata previsione del reato di tortura in Italia?
Le conseguenze della mancata previsione del reato di tortura in Italia sono evidenti e si riflettono soprattutto su alcuni aspetti in grado di condizionare l’esito dei processi: la responsabilità penale e la prescrizione.
Ad esempio, la prescrizione ha evitato il carcere a tutti gli agenti accusati di aver posto in essere maltrattamenti e torture nella Caserma di Bolzaneto, durante il G8 di Genova. E ciò, come più volte denunciato da Amnesty International, non sarebbe successo se l’Italia avesse tenuto fede agli obblighi internazionali, che sanciscono l’imprescrittibilità dei crimini internazionali, fra i quali rientra certamente il reato di tortura.
Inoltre, la mancanza del reato di tortura costringe i giudici a declassare vere e proprie torture a semplici reati di maltrattamento o lesioni personali, diminuendo il grado di responsabilità imputabile e alleggerendo la pena applicabile.
Proposte
Diverse proposte di legge sono state presentante in Parlamento al fine di colmare l’evidente lacuna legislativa.
Nella quasi totalità dei casi, i disegni di legge riprendono la definizione stabilita dalla Convenzione Onu del 1989, e prevedono pene severe aumentabili in caso di morte o lesioni personali.
In attesa che qualcosa si muovi sul piano legislativo, una buona notizia arriva sul fronte politico. Tutti i membri dell’attuale governo, insieme ad altri 117 parlamentari hanno firmato l’appello di Amnesty International, che invita l’Italia ad adottare strumenti efficaci per prevenire maltrattamenti e torture da parte delle forze dell’ordine.