Negli ultimi cinquant’anni il consumo di suolo in Italia è cresciuto ad una media di 8 metri quadrati al secondo. L’indagine dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha rilevato che dal 2,8% del 1956 si è passati al 6,9% del 2010, con un record negativo in Lombardia con oltre il 10% (dati: Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo). A fronte di un utilizzo sempre più massiccio del territorio si verifica anche un aumento dell’impermeabilizzazione dello stesso che rende la gestione idrica sempre più rischiosa. Il disegno di legge sui suoli, appena approvato, ci fa capire che molto si può e deve fare per un nuovo concetto di benessere che inclusa il rispetto dell’ambiente. Per VOX ne parla Cristina Arduini, esperta ambientale e Consigliere dell’Ufficio d’Ambito (ATO) città di Milano.
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La qualità della vita, intesa come vivere in benessere, con accesso adeguato alle risorse, rispettando l’ambiente, in cui si trascorre la propria esistenza, è un diritto-dovere di ciascun essere umano.
Un punto vitale è come gestiamo le risorse a disposizione e i due temi del suolo e dell’acqua sono molto sentiti specialmente negli ultimi tempi in Italia. Pare che la coscienza ambientale si stia risvegliando ed esca dai comitati del “siamo contrari a tutto” ed entri nella mentalità corrente del paese.
Questo processo, veicolato tra l’altro, da associazioni ambientaliste di lunga data come Legambiente, WWF ed Italia Nostra è un passaggio importante perché finalmente il comune cittadino considera la qualità della vita ed il proprio benessere un punto fermo irrinunciabile della propria esistenza.
Soprattutto in un momento particolare come questo il voler avere una qualità della vita a livello elevato di standard potrebbe cambiare il modo di fare politica, intesa come gestione della cosa pubblica.
E’ di questi giorni la presentazione da parte del governo del disegno di legge sui suoli, mentre alla Camera e Senato sono già state depositate numerose proposte di legge in merito, come quella del Presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera Ermete Realacci ( PL AC/70).
Ciò ha sviluppato un vivace dibattito, soprattutto perché nel decreto sblocca crediti della Pubblica Amministrazione (DL legge 8 aprile 2013, n. 35 e L. di conversione 6 giugno 2013, n. 64 art. 10 comma 4 ter) è stata inserita una norma che, modificando la Legge 244/2007 (Finanziaria 2008), estende anche al 2013 e al 2014 la possibilità per i comuni di utilizzare i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia” per far fronte alle spese correnti.
Quindi una sorta di due pesi e due misure: da un lato si vuole salvaguardare il suolo, dall’altra si utilizza la proroga di una norma che praticamente annulla l’intendimento della proposta di legge e di fatto lo pospone nel tempo.
Cosa si può fare? Molto. La parte fondamentale la faranno i cittadini che non potranno più delegare tout-court la funzione della gestione del territorio alle istituzioni, ma dovranno accompagnare il percorso di redazione di norme nazionali e locali, di buone pratiche e di aumento della consapevolezza delle problematiche attraverso l’istituzione di discussioni costruttive con le realtà locali e nazionali. Visto che è appena iniziato il percorso della legge nazionale sul contenimento dell’uso del suolo possiamo cominciare proprio da lì.
L’articolo è stato scritto prendendo spunto dalle linee guida emesse dalla Comunità Europea nel 2012 ( SWD 2021 101 final/2) e dagli interventi al convegno organizzato da Ispra nel febbraio 2013.
Cristina Arduini