Per VOX, Giampiero Griffo, membro del Consiglio mondiale di Disabled Peoples’ International, approfondisce il tema della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità a partire da un quesito centrale: cosa cambia in Italia?
L’entrata in vigore della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite il 3 maggio 2008 è un evento storico, che cambia la condizione di un miliardo di persone con disabilità che vivono sulla terra .
Questo nuovo standard internazionale – 132 sono i paesi che l’hanno ratificata, inclusa l’Unione Europea – introduce molte trasformazioni culturali, legali, sociali, politiche e tecniche. Si passa dalla lettura tradizionale dell’incapacità come problema individuale alla presa d’atto che le persone con disabilità sono discriminate e senza pari opportunità per responsabilità della società; dalla condizione di essere considerati cittadini invisibili a quella di divenire persone titolari di diritti umani; dall’approccio basato sulle politiche dell’assistenza e della sanità a quello che rivendica politiche inclusive e di mainstreaming; dal venir considerati oggetti di decisioni prese da altri a diventare soggetti consapevoli che vogliono decidere della propria vita.
Sono cambiamenti di approccio alla disabilità che fanno proprio il modello bio-psico-sociale della disabilità basato sul rispetto dei diritti umani e che si sintetizzano nello slogan del movimento mondiale delle persone con disabilità “niente su di noi senza di noi”.
Si tratta di un vero e proprio terremoto culturale, come sbocco di un processo multidecennale che avrà conseguenze non solo nel campo della disabilità. Infatti la nuova consapevolezza che la disabilità è una condizione ordinaria che ogni essere umano vivrà nel corso della propria esistenza, impone alla società di tenerne conto in tutti in tutte le decisioni legate allo sviluppo ed all’organizzazione sociale. La tutela dei diritti umani, le politiche di inclusione sociale, l’organizzazione della società basata sull’Universal design , riguardano le società in generale, tutte le società.
La ratifica italiana con la legge 18/2009 offre per la prima volta un quadro legale organico di applicazione all’art. 3 della Costituzione in tutti gli ambiti della vita e lo fa sulla base dei principi di non discriminazione ed eguaglianza (art. 5), ribaditi dalla sentenza 80/2010 della Corte Costituzionale, che ha sottolineato come tutta la legislazione in favore delle persone con disabilità va riletta alla luce della Convenzione.
A questo nuovo quadro di tutela legale, si affianca una nuova dignità dei diritti delle persone con disabilità: le persone con disabilità diventano parte della società e vanno sviluppate politiche organiche che sostengano il godimento pieno dei diritti umani e delle libertà fondamentali e favoriscano la loro inclusione sociale.
Il Programma d’azione nazionale sulla disabilità, approvato dal governo italiano, e presentato nella conferenza di Bologna del 12 e 13 luglio 2013, è il primo concreto risultato di questo cambiamento, a cui dovrà essere accompagnato un sistema di monitoraggio della sua applicazione. Andranno sviluppati piani d’azione anche a livello regionale e locale, con la diretta partecipazione delle organizzazioni di persone con disabilità e loro familiari. A questo scopo dovranno essere migliorati ed aggiornati i sistemi di raccolta di dati e statistiche (art. 31), ancora del tutto insufficienti a conoscere la condizione delle persone con disabilità e gli ostacoli, barriere e discriminazioni che devono affrontare quotidianamente.
Infatti la disabilità non è più una condizione soggettiva, ma “è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri” (preambolo e). Questo significa modificare i sistemi di valutazione della condizione di disabilità, orientandoli, anche con il contributo dell’ICF, a sostenere i processi di empowerment e capacitazione delle persone con disabilità, spesso impoverite nella partecipazione e nelle opportunità.
Anche i modelli di welfare devono trasformarsi da un sistema di protezione sociale, che vede queste persone vulnerabili e fragili, in un sistema di inclusione sociale che rimuova barriere e discriminazioni e le renda cittadini attivi e consapevoli del contributo che possono offrire alla società. Anche gli strumenti tecnici e gli approcci ai trattamenti devono prevedere non solo interventi riabilitativi, tesi a recuperare le funzionalità perdute, ma a valorizzare gli interventi abilitativi , che lavorano sulle diversità funzionali della persona, rafforzando le capacità e potenzialità in direzione di percorsi di vita autonoma, autodeterminata, indipendente ed interindipendente. Per conseguire questo risultato vanno costruiti progetti individuali di vita per tutte le persone con disabilità, partendo dalle stesse persone con disabilità e dai loro familiari, quando non possano rappresentarsi da sole .
L’approccio alla disabilità basato sul rispetto dei diritti umani dovrà divenire la base della formazione curriculare ed universitaria di tutte le professioni. Anche i mass media dovranno modificare linguaggi e comunicativi, per rimuovere il pesante stigma sociale negativo che avvolge le persone con disabilità.
La disabilità – esperienza che tutti gli esseri umani vivono nella loro vita – è un concetto in evoluzione: i progressi tecnologici e delle scienze bio-mediche applicate alle persone hanno conseguito risultati straordinari, permettendo di superare i limiti del corpo. Solo alcuni anni fa sarebbe stato impensabile che un amputato ad ambedue le gambe corresse le olimpiadi, come ha fatto Oscar Pistorius. Contro le derive che vorrebbero eliminare le persone con disabilità, la società deve mettere a disposizione di tutte le persone i sostegni e gli ausilii necessari a tutelare i loro diritti umani.
Il contributo che le persone con disabilità offrono alla società è quello di valorizzare le diversità umane, di cui loro sono parte. Ogni essere umano ha un modo di funzionamento che lo rende unico ed irripetibile, fatto di tutte le sue caratteristiche psico-fisiche, culturali, sociali, etniche e esperienziali. Dopo aver riconosciuto il valore delle biodiversità minerali, vegetali ed animali, la sfida di questo millennio è quella di riconoscere la ricchezza delle biodiversità umane. In alternativa alla globalizzazione basata sui mercati ed il profitto economico, va rilanciata la lunga marcia della globalizzazione dei diritti umani iniziata nel secondo dopoguerra con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) e di cui la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità è parta importante.
Giampiero Griffo
membro del Consiglio mondiale di Disabled Peoples’ International