Finalmente dopo 15 anni esponenti di un Governo – il Ministro e il ViceMinistro al Welfare, Enrico Giovannini e Maria Cecilia Guerra – hanno deciso di presentare una proposta per l’introduzione di una misura nazionale contro la povertà. La prima ed ultima volta che un governo in Italia ha affrontato il tema è stato ai tempi del Governo di centro sinistra, nel 1998, con il Ministro della Solidarietà Sociale, Livia Turco.
Non sappiamo che destino avrá la proposta, ma una cosa è certa: oggi l’8% delle persone residenti nel nostro Paese vive in povertà assoluta (dato 2012). Attenzione, non si sta parlando di quell’impoverimento che tocca una parte ben più ampia della popolazione, costringendola a rinunciare ad alcuni consumi che desidererebbe potersi permettere (come qualche apparecchio tecnologico o la possibilità di andare fuori città in estate) senza però impedire la fruizione dei beni e dei servizi essenziali. Si parla, piuttosto, di chi non raggiunge “uno standard di vita minimamente accettabile” calcolato dall’Istat e legato a un’alimentazione adeguata, a una situazione abitativa decente e ad altre spese basilari come quelle per vestiti e trasporti. Nel 2005 costoro erano il 4,1% della popolazione: sono raddoppiati in sette anni. La ripresa potrà ridurre la percentuale attuale ma non di molto dato che la maggiore presenza della povertà è un fenomeno strutturale, così come il suo nuovo profilo. Non si concentra più, infatti, esclusivamente nel meridione e tra le famiglie numerose (con almeno tre figli) anche se queste rimangono le realtà dove risulta maggiormente presente. Gli ultimi anni, infatti, ne hanno visto l’incremento galoppante in segmenti della popolazione prima ritenuti immuni: il Nord – dove le persone in povertà assoluta sono aumentate dal 2,5% (2005) al 6,4% (2012) – e le famiglie con due figli (dal 4.7% al 10%).
In questa situazione, continuare ad essere – insieme alla Grecia – l’unico Paese dell’Europa a 15 senza una misura nazionale contro la povertà, dedicandovi una quota di spesa pubblica ben al di sotto della media continentale, è sempre meno sostenibile. Da qui la scelta del governo di costituire un gruppo di lavoro che ha disegnato una propria versione della misura, denominata SIA (Sostegno per l’Inclusione Attiva), scaricabile da www.lavoro.gov.it. Si tratta di un contributo economico destinato a tutte le persone in povertà assoluta, la cui erogazione è condizionata ad un patto di inserimento che il beneficiario stipula con i servizi del welfare locale.
Gli interessati riceveranno i servizi – sociali, educativi, per l’impiego – utili a costruire nuove competenze e/o ad organizzare diversamente la propria esistenza; ciò dovrebbe permettere a un certo numero tra loro di uscire dall’indigenza. Il fondamento è il matrimonio tra i diritti di cittadinanza e i doveri verso la collettività. Chi è caduto in povertà ha diritto ad una tutela pubblica e, contemporaneamente, deve compiere ogni sforzo per perseguire il proprio inserimento sociale e lavorativo. Le prime reazioni di esperti e addetti ai lavori sul disegno dell’intervento sono state in grandissima parte positive poiché il SIA riprende un insieme d’indicazioni condivise dai più. Perché contro la povertà in Italia tutti sanno cosa bisognerebbe fare, si tratta di cominciare.
Il nodo cruciale è – manco a dirlo – il finanziamento: non a caso in proposito si sono registrate divergenze tra i componenti del gruppo, così come reazioni articolate di osservatori e parti sociali. Nel quadro economico attuale i 7 miliardi necessari per il SIA a regime non rappresentano un obiettivo realistico mentre la partita vera riguarda la possibilità di reperire quei 1,5 miliardi indicati come la soglia minima per costruire una versione iniziale della misura che risulti di effettiva utilità.
Con la crisi di questi giorni l’incertezza aumenta ma affrontare il tema della povertá scegliendo di metterlo tra le prioritá di intervento dell’azione di governo rimane un’esigenza non rinviabile per il nostro Paese.
Cristiano Gori
E’ docente di politica sociale all’Università Cattolica e consulente scientifico dell’Istituto per la Ricerca Sociale, a Milano, e visiting senior fellow presso la London School of Economics a Londra. Ha ideato e realizzato il percorso per la valutazione delle politiche sociali lombarde (www.lombardiasociale.it), il Network Non Autosufficienza (NNA). E’ autore di articoli, studi, ricerche, di numerosi volumi e editorialista de “IlSole-24Ore”.