I numeri parlano chiaro: 65 mila i detenuti per 47 mila posti disponibili. Oltre 18 mila in più, rispetto alla capienza massima prevista. Mentre infuria la polemica sul drammatico sovraffollamento delle carceri e sull’ipotesi di provvedimento di indulto, a Milano si è svolto nei giorni scorsi il convegno “Sovraffollamento carcerario e questione di legittimità costituzionale del rinvio facoltativo della pena”, organizzato e promosso dalla fondatrice di VOX Marilisa D’Amico. Tra i punti dibattuti, l’importanza della tutela dei detenuti (VOX è intervenuta sul tema presso la Corte Costituzionale), indispensabile per garantire il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo.
Il 7 ottobre 2013, si è svolto, presso l’Università degli Studi di Milano, il convegno, promosso e organizzato dalla Prof.ssa Marilisa D’Amico, dal titolo “Sovraffollamento carcerario e questione di legittimità costituzionale del rinvio facoltativo della pena”, alla presenza di Andrea Pugiotto, professore ordinario in diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Ferrara e autore del volume Volti e maschere della pena, Maria Laura Fadda, magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Milano, Alessandra Naldi, garante dei diritti dei detenuti presso il Comune di Milano e Francesca Biondi, docente di diritto parlamentare presso l’Università degli Studi di Milano.
L’incontro di studio, prendendo spunto dalle due questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Sorveglianza di Milano e di Venezia e attualmente pendenti dinanzi alla Corte costituzionale (noi di VOX abbiamo presentato nei mesi scorsi atti di intervento alla Corte Costituzionale), ha affrontato il tema, ormai di sempre più drammatica attualità, delle condizioni carcerarie in cui si trovano costretti i detenuti negli istituti di pena italiani. Un tema sul quale anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha avuto modo di esprimersi proprio nei giorni scorsi, sottolineando come “la condizione delle carceri in Italia costituisce non solo un imperativo giuridico e politico, bensì in pari tempo un imperativo morale” e che “le istituzioni e la nostra opinione pubblica non possono e non devono scivolare nell’insensibilità e nell’indifferenza, convivendo – senza impegnarsi e riuscire a modificarla – con una realtà di degrado civile e di sofferenza umana come quella che subiscono decine di migliaia di uomini e donne reclusi negli istituti penitenziari”.
Gli interventi dei relatori hanno tracciato un quadro approfondito del problema, non arrestandosi ad una disamina del caso sottoposto al giudizio della Corte costituzionale – il cui pronunciamento è avvenuto lo scorso 9 ottobre –, ma andando ad intaccare i temi, dalle implicazioni ancora più ampie, del disegno costituzionale della pena e della sua esecuzione all’interno dell’ordinamento giuridico e delle cause che si pongono alla base della situazione di sovraffollamento carcerario da ricercarsi in alcune delle leggi più discusse e controverse degli ultimi decenni, la c.d. Bossi-Fini in tema di immigrazione (legge n. 189 del 2002, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo) e la c.d. Fini-Giovanardi con riguardo alla disciplina delle sostanze stupefacenti e psicotrope (legge n. 49 del 2006).
La condanna dell’Italia da parte della Corte di Strasburgo nel gennaio di quest’anno (caso Torreggiani e altri c. Italia, 8 gennaio 2013) per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce la proibizione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, ha costituito una premessa fondamentale per sollecitare l’intervento della Corte costituzionale sul tema, ma non solo. Come è emerso dalle relazioni che si sono susseguite, quella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha rappresentato anche l’occasione per richiamare all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica il gravissimo distacco tra le condizioni detentive dei carcerati e quei principi fondamentali che la Costituzione italiana, prima ancora della Convenzione europea e delle altre carte internazionali dei diritti, riconosce e garantisce alla persona quale suo patrimonio irretrattabile.
Sovraffollamento: il Giudice costituzionale “non decide”
La Corte costituzionale non decide sul sovraffollamento carcerario, ma rinvia al legislatore.
La decisione è stata anticipata da un comunicato stampa, in cui si legge che: “La Corte costituzionale nell’odierna Camera di consiglio ha ritenuto inammissibili le questioni di legittimità costituzionali sollevate dai Tribunali di Sorveglianza di Venezia e di Milano, dirette a consentire alla magistratura di sorveglianza il rinvio dell’esecuzione della pena previsto dall’art. 147 del codice penale anche nel caso in cui la stessa debba svolgersi in condizioni contrarie al senso di umanità per il sovraffollamento carcerario.
La Corte ha ritenuto di non potersi sostituire al legislatore essendo possibili una pluralità di soluzioni al grave problema sollevato dai rimettenti, cui lo stesso legislatore dovrà porre rimedio nel più breve tempo possibile. Nel caso di inerzia legislativa la Corte si riserva, in un eventuale successivo procedimento di adottare le necessarie decisioni dirette a far cessare l’esecuzione della pena in condizioni contrarie al senso di umanità”. Come associazione VOX – l’Osservatorio italiano sui Diritti, siamo molto contenti di aver offerto il nostro contributo depositando l’atto di intervento nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale sull’articolo 147 del codice penale (qui gli atti). Da un punto di vista giuridico, possiamo affermare che la Corte costituzionale ha ragione nel pretendere che sia il legislatore ad individuare lo strumento più adatto per porre rimedio al problema del sovraffollamento negli istituti di pena italiani. Bisogna, tuttavia, aggiungere che rispetto alla drammatica situazione umana delle persone che hanno domandato giustizia, questa soluzione non lascia del tutto soddisfatti.
Piuttosto, come ha avuto modo di sottolineare il Prof. Andrea Pugiotto, in occasione del convegno tenuto all’Università degli Studi di Milano, sarebbe interessante e auspicabile che la Corte costituzionale facesse uso dei propri poteri istruttori quando si tratta di giudicare su un caso, quale quello oggetto di questo giudizio, che le consentirebbe di entrare nel dramma delle carceri italiane.