Nonostante la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, approvata nel 1989, il tema del lavoro minorile rimane ancora oggi uno dei più drammatici. Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), sono infatti 126 i milioni di bambini che in tutto il mondo vengono esposti a forme di lavoro particolarmente rischiose, di cui 150 mila solo in Italia. Per questo motivo, organizzazioni come l’ILO intervengono con nuovi programmi, con l’obiettivo di proteggere i bambini da ogni forma di sfruttamento, allontanarli dal lavoro e includerli in un sistema educativo efficace.
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dal nostro Paese con la legge n. 176 del 27 maggio 1991, all’articolo 32 riconosce il diritto di ogni minore ad essere “protetto contro lo sfruttamento economico e a non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi” o che pregiudichi la sua educazione, o la salute, il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale. Gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione (tutti tranne la Somalia e gli Stati Uniti) si sono impegnati ad adottare tutte le misure necessarie a promuovere e tutelare questo diritto, innanzitutto stabilendo un’età minima (o età minime) per l’accesso al lavoro, regolamentando gli orari di lavoro e le condizioni d’impiego e prevedendo pene o altre sanzioni appropriate per garantirne l’attuazione effettiva.
Ma nonostante gli impegni enunciati, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) stima che nel mondo siano circa 200 milioni i minori che lavorano, spesso a tempo pieno, e sono totalmente privati di un’educazione adeguata, di una buona salute e del rispetto dei diritti umani fondamentali. Di questi, circa 126 milioni — ovvero uno ogni 12 bambini al mondo — sono esposti a forme di lavoro particolarmente rischiose, e circa otto milioni sono sottoposti alle peggiori forme di lavoro minorile: la schiavitù, il lavoro forzato, lo sfruttamento nel commercio sessuale, nel traffico di stupefacenti e l’arruolamento come bambini soldato in milizie. I bambini e le bambine che lavorano si concentrano per lo più in Asia e nel Pacifico, ma anche i paesi industrializzati e Paesi ad economia in via di transizione conoscono il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile, compreso il nostro Paese che registra secondo i dati ISTAT circa 150.000 bambini lavoratori tra i 7 e i 14 anni, di cui 31.500 sono da considerarsi come sfruttati.
Di cosa parliamo quando parliamo di lavoro minorile
E’ bene chiarire che non tutto il lavoro minorile ha i connotati dello “sfruttamento” e quindi di un fenomeno da combattere o eliminare. In tutto il mondo sono conosciute e anche guardate con favore quelle forme di lavoro svolto da bambini che non compromettono in alcun modo uno sviluppo armonioso fisico, mentale e psicologico. Quel lavoro che ad esempio le bambine e i bambini svolgono aiutando i propri famigliari, o al di fuori dalla scuola, durante periodi di vacanza. Sono esperienze che possono aiutare i ragazzi a crescere più consapevoli e che senza traumi li avvicinano progressivamente al mondo del lavoro adulto.
Ma in questo contesto facciamo riferimento a quei tragici fenomeni che vedono i bambini privati della loro infanzia, della possibilità di studiare, di sviluppare le loro capacità perché impegnati per molte (troppe) ore al giorno in lavori che facilmente ne pregiudicano le condizioni di salute, fisiche e morali. Fenomeni che contrastano quindi con il diritto di ogni bambino ad essere protetto dallo sfruttamento, e che è strettamente correlato al diritto che ognuno di loro ha di accedere al sistema educativo nel proprio paese (artt. 28 e 19 della Convenzione) e alla formazione.
L’ILO evidenzia come il lavoro minorile non soltanto impedisca alle bambine ed ai bambini di acquisire capacità e conoscenza, ma sia causa primaria del permanere negli Stati in cui è accettato e diffuso, di condizioni gravi di povertà: inibisce processi di sviluppo economico, causa perdita di competitività e di produttività riducendo quindi la capacità di una comunità di conseguire condizioni di miglior benessere per tutti.
L’impegno dell’ILO in favore dei bambini lavoratori
Obiettivo dei programmi dell’ILO è pertanto proteggere i bimbi da ogni forma di sfruttamento, allontanandoli dal lavoro per includerli pienamente nel sistema educativo, sostenendo le loro famiglie con la formazione professionale e l’inserimento nel mercato del lavoro, perché solo così sarà possibile realizzare opportunità adeguate di lavoro per le persone adulte. La politica e i programmi elaborati ed attuati sin dagli Anni ’70 dall’Organizzazione per il Lavoro, hanno avuto come obiettivo principale quello di garantire ai minori l’accesso all’educazione e alla formazione di cui necessitano per crescere e lavorare da adulti in condizioni dignitose, promuovendo quindi l’eguaglianza di opportunità “ai blocchi di partenza” .
L’Organizzazione ha messo a punto due strumenti rivelatisi di grandissima importanza per diffondere conoscenza e consapevolezza nella comunità internazionale su questi fenomeni: la Convenzione ILO n. 138 dedicata all’età minima, adottata nel 1973, e ratificata dall’80 per cento degli Stati membri. La seconda, la Convenzione n. 182 dedicata all’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, adottata nel 1999, e ratificata dalla quasi totalità degli Stati membri. A questi strumenti normativi si sono aggiunte negli anni a seguire, Dichiarazioni (1999), The Global Action Plan (2008), La Road Map dell’Aja nel 2010 e quest’anno la Dichiarazione di Brasilia.
L’impegno dell’ILO è stato rafforzato inoltre a partire dal 1992 grazie al lancio di IPEC, il Programma per l’eliminazione del lavoro minorile presente in 88 Paesi, con l’0biettivo generale di raggiungere progressivamente l’eliminazione delle forme peggiori, attraverso il rafforzamento della capacità degli Stati di affrontare il problema e attraverso la diffusione di un movimento mondiale per combattere il lavoro minorile. Ad IPEC è assicurato un budget di 61milioni di $, rappresentando il più forte impegno globale dell’Organizzazione.
I Partners del Programma sono oggi organizzazioni del lavoro, dei datori e dei lavoratori, nonché altre agenzie internazionali, comunità ed NGOs, media e parlamentari, università ecc.: tutti impegnati per promuovere programmi nazionali che prevedano l’educazione obbligatoria gratuita, gettare le basi per ottenere un lavoro più qualificato nel loro futuro e fornire migliori strumenti ai singoli e alla società per interrompere il ciclo della povertà. Questo impegno viene mantenuto anche nelle situazioni di emergenza che troppo spesso colpiscono i Paesi più svantaggiati, affinché sia evitata l’interruzione dei servizi scolastici.
La giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile
Il 16 aprile del 1995 Iqbal Masih, un ragazzo pakistano operaio sindacalista e attivista, a soli 12 anni viene assassinato mentre si reca in chiesa. Iqbal era stato venduto a 5 anni dalla sua famiglia ad un fabbricante di tappeti. Da quel momento comincia a lavorare come piccolo schiavo, incatenato al telaio per 16 ore al giorno. Dal 1993, a soli 10 anni, inizia la sua battaglia contro la schiavitù dei bambini lavoratori, sfidando autorità e padroni e si fa conoscere al di fuori dei confini del suo Paese. Viene invitato a raccontare la sua esperienza in conferenze internazionali per sensibilizzare le opinioni pubbliche di tanti Stati sui diritti negati dei bambini pakistani, contribuendo cosi a fare crescere la conoscenza e la consapevolezza su questa tragica piaga diffusa in tanti Paesi oltre al suo. Grazie al suo impegno e alla fama raggiunta, il governo pakistano fu costretto a chiudere decine di fabbriche di tappeti in cui erano impiegati piccoli schiavi. In tutto il mondo il 16 aprile è celebrata la Giornata contro lo sfruttamento del lavoro minorile.
Il lavoro minorile in Italia
Il nostro Paese ha mostrato grande sensibilità verso le problematiche del lavoro minorile. Nel 1998 viene istituito il Tavolo Nazionale di coordinamento fra Governo e Parti Sociali per concretizzare gli impegni assunti con la ratifica della Convenzione n. 182. Il 16 aprile di quell’anno viene sottoscritta la “Carta degli impegni per promuovere i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ed eliminare lo sfruttamento del lavoro minorile” da sindacati, organizzazioni datoriali e Governo.
L’analisi più recente sui fenomeni di lavoro minorile in Italia è stata condotta da Save the Children insieme alla Fondazione Bruno Trentin con l’intento di individuare quali siano i legami di questo fenomeno con la dispersione scolastico e formativa, con i rischi di esclusione e marginalizzazione sociale. Sotto questo profilo il lavoro minorile può rappresentare un rischio concreto di replica di modelli sociali che predeterminano i percorsi individuali, condizionando il processo di mobilità sociale intergenerazionale e favorendo la permanenza di condizioni di disparità sociale anche in età adulta.
Combattere tutte le forme di lavoro minorile è un prerequisito per il raggiungimento dell’educazione primaria per tutti (Obiettivo 2del Millennio da raggiungere entro il 2015). Contrastare tutte le forme di lavoro minorile contribuisce anche a promuovere i diritti fondamentali del lavoro per tutti, adulti e minori che hanno raggiunto l’età minima lavorativa (come previsto dalla Convenzione ILO 138,) e che hanno diritto ad un lavoro dignitoso e non pericoloso. Anche grazie all’impegno dell’Organizzazione e delle tante associazioni attive nel mondo, il lavoro minorile si sta riducendo ovunque e se il trend non si fermerà è possibile sperare che le peggiori forme di sfruttamento saranno eliminate nei prossimi dieci anni.
[2]Game Over. Indagine sul lavoro minorile in Italia – giugno 2013 in http://images.savethechildren.it/IT/f/img_pubblicazioni/img211_b.pdf