Dopo l’intervento della Corte Costituzionale, che nel dicembre scorso ha sancito l’incostituzionalità del Porcellum, mercoledì 22 gennaio le principali forze politiche in Parlamento hanno presentato una bozza di testo della nuova legge elettorale, ancora oggi al centro di diverse polemiche. La nuova proposta, infatti, non solo prevede una soglia di sbarramento che limiterebbe l’accesso dei partiti più piccoli in Parlamento, ma apre anche una nuova questione sul sistema delle liste bloccate. Un punto critico, che, secondo alcuni esponenti, limiterebbe il coinvolgimento effettivo dei cittadini nel processo decisionale del Paese.
Ormai da diversi anni si discute della riforma del sistema di elezione di Camera e Senato, introdotto dalla legge n. 270 del 2005 (c.d Porcellum).
Due i punti più critici della legge: la previsione di un premio di maggioranza da assegnare indipendentemente dal fatto che chi lo ottiene abbia conseguito un numero minimo di voti (su questo alcuni segnalavano che il Porcellum fosse peggio della legge elettorale Acerbo approvata nel ventennio fascista) e l’utilizzo del sistema delle liste bloccate che impediva ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti.
Numerosi sono stati, peraltro, i tentativi di modificare, anche con lo strumento del referendum abrogativo, la legge del 2005, ma, per diverse ragioni, nulla è accaduto.
Questo fino all’intervento della Corte Costituzionale del dicembre scorso che, con la sentenza n. 1 del 2014, ha dichiarato contrari alla Costituzione proprio la previsione di un premio di maggioranza potenzialmente eccessivo e il sistema delle liste bloccate.
Ma dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, la necessità di riformare le leggi elettorali di Camera e Senato è diventata una priorità assoluta. La bozza di testo presentata alla Camera mercoledì 22 gennaio è il risultato di un accordo fra le principali forze politiche presenti in Parlamento (PD, Forza Itala, Nuovo centro destra). Va subito detto, invece, che le forze politiche ‘minori’ si sono dichiarate contrarie alla proposta.
Cosa prevederebbe dunque il nuovo sistema elettorale? Il sistema elettorale che si sceglie – identico nella sostanza per le due Camere – è quello proporzionale con circoscrizioni piccole e liste bloccate (il modello spagnolo), ma con un’importante correzione. Rimane, infatti, per assicurare la governabilità, il premio di maggioranza, ma, per superare i problemi di costituzionalità delle legge precedente si stabilisce che per conseguire il premio, sia alla Camera, sia al Senato, è necessario che la lista o la coalizione che abbia ottenuto più voti debba aver superato almeno il 35% dei suffragi. Solo in questo caso al partito più votato va un premio di maggioranza, un bonus di seggi che consente al ‘primo arrivato’ di avere 340 deputati e 169 senatori. Di conseguenza, maggiori saranno i voti conseguiti da una lista, minore sarà l’entità del premio, considerato che il numero di seggi assegnato alla coalizione vincente è sempre di 340 deputati e 169 senatori, ossia circa il 55% dei seggi (due esempi: una lista ottiene il 40% dei voti e in questo caso avrà 340 seggi con un premio di quasi il 20%; invece, se la medesima lista ottiene il 47% dei voti avrà sempre 340 seggi, ossia circa l’8% in più).
Se nessuna lista o coalizione di liste ottiene almeno il 35% si avrà un turno di ballottaggio (che potrebbe per ipotesi riguardare solo una delle due Camere) previsto dopo due settimane. Vi partecipano le due liste o coalizioni che hanno conseguito il numero maggiore di voti. In questo caso l’elettore vota solo per una delle due liste in corsa. Chi prende più voti avrà un premio di maggioranza, di poco inferiore a quello che avrebbe ottenuto al primo turno, che gli consentirà di avere 327 deputati o 163 senatori.
Accanto al premio, altro elemento caratterizzante del nuovo sistema che si propone è la presenza di soglie di sbarramento abbastanza elevate, calcolate su scala nazionale. Si prevede, infatti, che per accedere in Parlamento i partiti devono superare l’8% se corrono da soli o il 5% se in coalizione. La coalizione per essere ammessa deve ottenere almeno il 12%. Nel complesso il disegno sembra rafforzare il bipolarismo e rendere più dura la vita ai partiti che hanno un seguito limitato. Ciò si ricava anche dal fatto che nei collegi, cioè le porzioni territoriali che rappresentano la base per l’assegnazione dei seggi e che grosso modo dovrebbero coincidere con le attuali province, saranno assegnati pochi parlamentari (minimo 3, massimo 6). È evidente che meno seggi si assegnano più voti occorrono, in percentuale, per conseguirli.
Inoltre, viene confermato il sistema delle liste bloccate, ma il fatto che il numero di candidati per lista sia basso e i nomi siano indicati sulle schede elettorali pare superare l’obiezione della Corte costituzionale secondo la quale l’elettore deve essere in grado di scegliere i propri rappresentanti.
Nel ricostruire le nuove regole elettorali va detto che è prevista anche una norma finalizzata a perseguire un maggiore equilibrio fra donne e uomini nel Parlamento. Si stabilisce che le liste devono contenere un numero uguale di donne e uomini (si afferma così il principio del 50 a 50). Per impedire, poi, che le candidature del sesso meno favorito, oggi le donne, vengano relegate in fondo alle liste si prevede che i nomi debbano essere inseriti in modo che non vi siano più di due candidati dello stesso sesso di seguito. Ne deriva che in una lista di sei candidati ci dovranno essere tre uomini e tre donne e gli uomini non potranno essere i primi tre.
È ancora presto per fare considerazioni approfondite sul sistema. Tuttavia, forse, il fatto che nell’eventualità in cui il premio venga assegnato al secondo turno la lista beneficiaria potrebbe avere avuto al primo turno un seguito ossia limitato (in ipotesi appena il 13% dei voti) potrebbe non superare i vincoli posti dalla Corte Costituzionale che vuole che il premio non sia così forte da assegnare un numero di seggi marcatamente spropositato al numero di voti ottenuti. Alla critica, però, si potrebbe rispondere che l’esistenza di un ballottaggio impone che chi vince il premio abbia, almeno all’esito del secondo turno, un seguito maggioritario nel Paese. Il punto rimane, comunque aperto.