Lo dice un’importante sentenza del Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, che ha ufficialmente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 – intendono interrompere la gravidanza, a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza. Si tratta di un’importante vittoria, che arriva proprio oggi, data simbolica per la storia delle donne. Una vittoria, che porta anche la firma di Vox.
L’associazione non governativa che ha presentato il ricorso contro l’Italia, International Planned Parenthood Federation European Network, è stata assistita da Marilisa D’Amico, co- fondatrice di Vox e da Benedetta Liberali, tra le voci di Vox.
La legge 194/1978 prevede che, indipendentemente dalla dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici, ogni singolo ospedale debba poter garantire sempre il diritto all’interruzione di gravidanza delle donne. Oggi purtroppo, a causa dell’elevato numero di medici obiettori, alcune strutture si trovano a non avere all’interno del proprio organico medici che possano garantire l’effettiva e corretta applicazione della legge. Il riconoscimento di violazione da parte dell’Europa mira a garantire la piena applicazione di una legge dello Stato, la 194, che la Corte costituzionale ha definito irrinunciabile.
La battaglia iniziata quasi due anni fa (il Reclamo collettivo n. 87 del 2012 è stato depositato l’8 agosto 2012) ha visto la partecipazione di diverse associazioni tra cui LAIGA, da sempre impegnata per l’effettiva applicazione della 194.
“Come donna, ancor prima che come avvocato, sono particolarmente felice che oggi sia stato ribadito un diritto fondamentale sancito dalla legge dello Stato italiano” , spiega Marilisa D’Amico, “oggi è la giornata in cui si celebra la donna e suona quasi beffardo, che a trent’anni dall’approvazione della legge 194 ancora si debba combattere nelle istituzioni competenti per affermare un diritto per noi donne definito costituzionalmente irrinunciabile. Mi auguro che al più presto vengano presi tutti i provvedimenti necessari per applicare la legge in tutte le strutture nazionali”.
“La vittoria di oggi dimostra una mancanza fondamentale nell’applicazione della legge italiana: noi abbiamo voluto schierarci apertamente a difesa dei diritti delle donne, perché la violazione dell’art. 11 della carta sociale europea dei diritti era nei fatti un ostacolo oggettivo per tutte le donne italiane. Ci hanno portato a conoscenza di diversi casi di violazione, che meritavano il giusto riconoscimento anche a livello europeo, proprio in virtù di accordi esistenti”, ha poi dichiarato Vicky Claeys, Regional Director dell’associazione International Planned Parenthood Federation European Networ.
Un secondo reclamo è stato poi presentato al Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro, con Susanna Camusso, assistita e difesa sempre da Marilisa D’Amico e da Benedetta Liberali. Si tratta di un analogo reclamo collettivo contro l’Italia in cui si intendono far valere non solo i diritti delle donne, ma anche i diritti lavorativi dei medici non obiettori di coscienza.