Il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittima la decisione dell’ex governatore Roberto Formigoni che, nel 2009, bloccò la sentenza della Cassazione che autorizzava la sospensione del trattamento terapeutico per Eluana Englaro. Una decisione, che rappresenta un passo fondamentale nell’affermazione del diritto alla sospensione della cura. Che cosa accadrà ora? Ne parliamo con Beppe Englaro.
La Sentenza del Consiglio di Stato sul caso di Eluana rappresenta un passo decisivo per il riconoscimento di un diritto, quello della sospensione delle cure, che in Italia esiste ma non è ancora codificato in una legge. Cosa si aspetta dopo la sentenza?
La sentenza del Consiglio di Stato è un passo fondamentale nel merito di un diritto a curarsi o non curarsi, anche se ne consegue la morte nelle strutture sanitarie regionali senza nessuna discriminazione di abbandono terapeutico per il non curarsi. Lo considero un ulteriore chiarimento ai principi di diritto stabiliti dalla Corte Suprema di Cassazione nel 2007: il diritto alle cure comprende anche il diritto ad interromperle. Come conseguenza, la Regione Lombardia avrebbe dovuto garantire questo diritto ad Eluana, che invece ha dovuto cercare e trovare la possibilità di attuazione in Friuli. Dopo questa sentenza del Consiglio di Stato, mi auguro che non vi siano più Regioni che vogliano o possano imboccare la strada che ha voluto percorre la Regione Lombardi nella vicenda di Eluana.
Molti Comuni italiani si sono mossi per raccogliere le dichiarazioni di fine vita in appositi registri. Che cosa pensa di queste iniziative?
Sono iniziative positive. Non sono d’accordo con quanto stabilito nella circolare ministeriale (Sacconi, Fazio e Maroni 2010), che ha tentato di limitare l’istituzione dei registri comunali delle dichiarazioni anticipate di trattamento, ritenendoli non solo illegittimi, ma anche uno spreco di risorse finanziarie. Al contrario, credo che con queste iniziative i Comuni non facciano altro che rispondere ai bisogni e alle esigenze dei cittadini. E’ in questo modo che le istituzioni dimostrano di essere vicine alle persone.
Dal 2009 sono tante le battaglie che ha portato avanti in prima persona per il pieno riconoscimento di questo diritto. Con quali risultati?
I risultati più importanti sono state le sentenze della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato che hanno finalmente sancito il diritto all’interruzione delle cure, sentenze che non hanno fatto altro che attuare principi già sanciti dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali. Un altro traguardo molto importante è essere riusciti non solo a sensibilizzare e informare le persone sul diritto all’interruzione delle cure, ma soprattutto ad aumentare il livello di consapevolezza dei propri diritti. Dobbiamo continuare su questa strada, informando i cittadini in modo chiaro sui diritti, che i giudici hanno riconosciuto: il diritto alla cura e all’interruzione della cura. Mi piacerebbe che Vox, di cui anche io mi sento parte, portasse avanti questo impegno. Se ciascuno di noi non è consapevole dei propri diritti, come può rivendicarli e vederseli riconosciuti? E’ stata solo la profonda consapevolezza dei miei diritti, sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo a consentirmi di arrivare sino alla sentenza del Consiglio di Stato di pochi giorni fa.
Che cosa può dire alle famiglie che vivono una situazione simile alla sua?
Quello che vale, e che è più importante, è la coscienza personale di ciascuno. Massimo rispetto per la coscienza personale e per le diverse scelte che ne possano derivare.
Foto: L’Espresso