Si chiamano ‘Sentinelle in piedi’ gli adepti del movimento ultracattolico che si batte contro la proposta di legge sull’omofobia e l’estensione dei diritti alle coppie omosessuali. Restando in piedi, fermi, in silenzio, e con un libro in mano. Un movimento, che ha già organizzato diversi presidi nel nostro Paese (l’ultimo caso ieri, a Bergamo, dove uno dei manifestanti ha espresso il proprio dissenso vestito da ‘nazista’). Ma è solo una protesta? O forse un segnale retrivo di una concezione di famiglia ormai superata? Per Vittorio Lingiardi, professore di psicologia dinamica all’Università La Sapienza, “si tratta di pregiudizio e della convinzione che esista un modello unico di famiglia come condizione necessaria e sufficiente per il benessere del bambino”. Ecco un estratto dell’intervista fatta da Next Quotidiano.
«La pretesa di vegliare per difendere gli interessi dei «più deboli» passa per la convinzione che esista un modello unico di famiglia come condizione necessaria e sufficiente per il benessere del bambino. Sapere che cosa è nell’interesse del bambino non è mica facile. È quasi impossibile perché ogni bambino ha un interesse diverso e cresce in un contesto specifico. Non si possono fare generalizzazioni. Però possiamo farci alcune domande. È nel suo interesse crescere con genitori che litigano sempre ma stanno insieme perché qualcuno ha detto loro che così devono fare? È nel suo interesse crescere in una famiglia in cui i genitori sono separati ma condividono la sua educazione e si prendono cura di lui? È nel suo interesse stare in un orfanotrofio, in Africa o essere cresciuto da due genitori dello stesso sesso che lo adottano e lo amano?È difficile, come dicevo, generalizzare. D’altra parte è molto semplice dire cosa sia nel suo interesse, che poi è la formula che ricorre in molti statement di associazioni di psicologi, psichiatri e pediatri. Ovvero: essere cresciuti da genitori competenti capaci di fornire cure, in grado di riconoscere i bisogni del bambino, di stabilire limiti, di offrirgli un contesto sociale equilibrato. Dal punto di vista della ricerca sarebbe utile iniziare a costruire definizioni condivise e verificate: quali sono gli ingredienti della genitorialità? Tra questi ci sono quelli che nominavo prima. Mentre gli ingredienti necessari per il concepimento biologico sono evidentemente la presenza di maschio e femmina, quelli della genitorialità non hanno nulla a che fare con le differenze di genere, ma riguardano la capacità di interazione e di educazione».
«Se fosse così semplice costruire le famiglie perfette! Non si costruiscono a tavolino, né dentro ideologie tanto anguste o viscerali convinzioni. Non basta rispettare le “forme” e non è necessario rispettarle per ottenere un buon risultato. Ciò di cui parliamo – cioè la ricerca di una genitorialità consapevole – non si può garantire tramite l’applicazione di un modello dall’alto. Spesso poi accade che i figli di coppie dello stesso sesso o di chi ha adottato arrivino dopo un lungo percorso che può non esserci in una famiglia nata da un incontro casuale e meno complicato. Anche questo di per sé non è garanzia di nulla, ma di certo non lo è nemmeno la “tradizione” o la “natura”.L’intransigenza e la ripetizione di slogan, l’offesa per chi ha una famiglia che non si adatta a quel Modello (famiglie monogenitoriali, famiglie ricomposte e famiglie con due mamme o due papà) cioè costruite diversamente dal modello “tradizionale”, o meglio quello derivato dalla biologia e trasportato nella sociologia: tutto questo potrebbe avere a che fare con la paura di accettare la molteplicità e la diversità dei modelli. La reazione primitiva è: condannare quello che non riconosciamo, quindi costruire un rifugio fatto di pochi precetti sicuri, ma molto illusori. Non è più interessante – e più umano – farsi domande e guardare con curiosità e rispetto piuttosto che condannare?»
«I primi sintomi della reazione primitiva e aggressiva stanno nel linguaggio: «omosessualista», «ideologia del gender». Pregiudizi mischiati alla totale assenza di senso del ridicolo (ma loro sono «una resistenza per evitare la distruzione dell’uomo e della civiltà» e non hanno tempo per altro). L’«ideologia del gender» è perlopiù l’unica reazione rilevabile al cospetto del tentativo di entrare nelle scuole con un’educazione meno angusta della visione del Modello Unico. «Questa “ideologia del gender” dovrebbe essere una prima traduzione di “teoria del genere” – gender theory – che è una disciplina studiata in ambito anglosassone e poi anche nelle nostre accademie. La teoria del genere studia la costruzione del genere dalla prospettiva psicologica, sociologica, letteraria e antropologica. Come peggiorativo, diventa ideologia del genere. “Gender ideology” non esiste. La carica negativa è intenzionale. Come se avessero a che fare con un’anti-crociata libertaria che vuole negare i valori e la virtù. In realtà vogliono solo alimentare la confusione. Le discipline che hanno a che fare con il gender non promuovono alcuna ideologia, ma studiano quanto – nelle nostre vite – ha a che fare con il genere come dato biologico di base e quanto “maschile” e “femminile” siano il risultato di una costruzione culturale. Le famiglie nel corso di secoli hanno assunto significati e strutture diversi, anche ciò che è considerato maschile e femminile ha assunto nei secoli – anche negli ultimi anni o a pochi chilometri di distanza – significati, valori e proiezioni diversi. Studiare questo è una delle ricerche più importanti e affascinanti, non certo l’imposizione di un modello. Questi studi si stanno diffondendo oltre i confini occidentali, e arrivano anche in paesi dove c’è ancora la criminalizzazione dell’omosessualità. Noi studiamo le teorie del genere, altri vi contrappongono delle ideologie del genere. Chi è che fa ideologia?»
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