Una città sicura e a misura di donna. Questo, uno degli obiettivi dello Statuto che la Commissione del Consiglio metropolitano sta discutendo e mettendo a punto in questi giorni per la città di Milano. Per Marilisa D’Amico, chiamata ad esporre suggerimenti e proposte sulla bozza, “si tratta di un lavoro di altissimo pregio e un’occasione per ribadire i principi costituzionali di parità e uguaglianza anche a livello metropolitano”. Il suo commento, per Vox.
La Commissione Statutaria del Consiglio metropolitano di Milano sta discutendo, proprio in questi giorni, la prima bozza del testo dello Statuto della città metropolitana di Milano, elaborato da un Comitato di esperti dei diversi Atenei milanesi. Si tratta di una fase fondamentale nel percorso che porterà all’istituzione definitiva della Città metropolitana. Lo Statuto rappresenterà, infatti, “una sorta di Costituzione” della Città metropolitana, delineando la tavola dei principi fondamentali su cui si fonderà il nuovo ente. Tra questi principi non può essere escluso il principio costituzionale di parità fra i generi. Anzi, l’elaborazione dei testi statutari delle città metropolitane deve essere un’occasione per ribadire anche a livello metropolitano i principi costituzionali.
Venerdì 14 novembre 2014, sono stata chiamata dalla Commissione statutaria del Consiglio metropolitano ad esporre suggerimenti e proposte riguardo alla bozza dello Statuto. Bozza che personalmente ritengo un lavoro di altissimo pregio.
Tuttavia, essa prevede solo una norma, tra gli “obiettivi programmatici” dedicata alla parità genere. L’art. 3 stabilisce, infatti, che “La città metropolitana assicura condizioni di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo un’equa rappresentanza di entrambi i generi in tutti i propri organi e strutture amministrative, nonché negli organi collegiali degli enti, delle aziende e delle Istituzioni da essa dipendenti.”. La parità, così come prevista dalla bozza di Statuto, rischia di rimanere un principio sancito solo sulla carta, senza alcuna garanzia di concretezza ed effettività. In primo luogo, è indispensabile prevedere l’inserimento tra i principi generali del divieto di discriminazione, nonché la codificazione dell’impegno della Città metropolitana a promuovere una parità effettiva tra i sessi. Un buon esempio in tal senso è rappresentato dall’art. 11 Statuto della Regione Lombardia, che ha recepito a livello giuridico il concetto di “democrazia paritaria“, obiettivo da promuovere nella “vita sociale, culturale, economica e politica“. Vero è che si tratta di regole già stabilite in Costituzione, ma credo sia importante ribadirle nel testo dello Statuto di un ente nuovo, del quale non conosciamo ancora prassi e meccanismi.
In secondo luogo, è necessario declinare e specificare il principio di parità anche in altri settori di competenza dello Statuto. Come proposto anche da Tiziana Scalco della CGIL durante l’audizione al Consiglio metropolitano, lo Statuto dovrebbe indicare come obiettivo prioritario della Città metropolitana quello della lotta e della prevenzione alla violenza di genere. È un impegno che discende direttamente dagli obblighi internazionali, e in particolare dalla Convenzione di Istanbul, che coinvolge anche gli enti locali alla lotta contro ogni genere di violenza contro le donne. Lo Statuto dovrà, inoltre, garantire la parità di genere nella composizione degli organi non elettivi della città Metropolitana. Mi riferisco agli enti, delle aziende e istituzioni dipendenti della Città metropolitana stessa, nonché alle nomine dei consiglieri ai quali il Sindaco metropolitano potrà assegnare deleghe. Riguardo agli organi elettivi, è bene precisare che è la legge statale ad avere la competenza a dettare norme per l’elezione del Consiglio metropolitano. La legge n. 56 del 2014, recante disposizioni sulle Città metropolitane, stabilisce che nelle liste di candidati al Consiglio, nessuno dei due sessi può essere rappresentato “in misura superiore al 60 per cento“.
Importanti disposizioni in tema di uguaglianza possono essere ricondotte nel piano strategico triennale per la promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, che costituisce “la cornice di riferimento generale dell’azione della città metropolitana“.
Nel piano strategico potrebbero così essere comprese politiche di promozione dell’eguaglianza, di riduzione delle discriminazioni e del contrasto alla diffusione di stereotipi di genere. Sarebbe poi fondamentale prevedere statutariamente il coinvolgimento delle associazioni che quotidianamente si occupano delle tematiche di genere, istituzionalizzando l’esperienza dei “tavoli di lavoro” portata avanti dal Comune di Milano. Sul punto, ho notato che la norma dedicata dalla Bozza di Statuto al “Forum metropolitano della società civile” si concentra in particolar modo sullo sviluppo economico, trascurando invece lo sviluppo sociale. Perché limitare il confronto alle sole prospettive di sviluppo economico dell’area metropolitana? Il confronto tra le istituzioni e l’associazionismo potrebbe essere un momento fondamentale per individuare politiche sociali di promozione dell’eguaglianza e di riduzione delle discriminazioni idonee alle esigenze del territorio. Infine, strumento utile ai fini della individuazione delle soluzioni concrete al problema della discriminazione di genere è il meccanismo del cosìddetto bilancio di genere, che consente di leggere la spesa pubblica in relazione alla sua incidenza sulla vita di uomini e donne. Con la redazione dello Statuto sceglieremo qual è il modello di Città metropolitana che vogliamo e io credo che l’uguaglianza e la non discriminazione rappresentino i principi fondamentali da cui partire.
L’articolo è tratto da www.arcipelagomilano.org.