Lo scorso 9 dicembre il Tar si è pronunciato sulla decisione della giunta lombarda di imporre alle coppie il pagamento delle cure di pma. La Lombardia, infatti, è stata l’unica Regione a stabilire che la prestazione sanitaria fosse interamente a carico del cittadino (con costi tra i 1.500 e i 4mila euro). Per Marilisa D’Amico, avvocato e co-fondatrice di Vox ,“è ingiusto e discriminatorio che i cittadini di una sola regione in Italia siano obbligati a pagare. Le coppie hanno pieno diritto di ricorrere alle cure”. Ad oggi, in Lombardia, sono almeno seimila le coppie in attesa di sottoporsi alla fecondazione assistita. Restiamo in attesa della pronuncia.
Il 16 dicembre il Tribunale Amministrativo Regionale è chiamato a pronunciarsi sulla delibera con cui la giunta Maroni ha tentato rendere difficile e costosa la PMA eterologa per i cittadini lombardi. Una società medica e l’associazione Sos Infertilità hanno impugnato il provvedimento che impone paletti e divieti incongrui, che limitano il diritto alle cure per i pazienti lombardi.
Come scrivono Massimo Clara e Lorenzo Platania, avvocati dei ricorrenti, non vi è ragione per bloccare sine die le procedure autorizzative per l’apertura di nuovi centri, anche privati, dove si esegua la fecondazione assistita, sia omologa sia eterologa, la concorrenza aumenta la facoltà di scelta e favorisce i pazienti; ed è iniquo che i lombardi – unici fra gli italiani – debbano pagare interamente la prestazione sanitaria (varie migliaia di euro) mentre in tutte le altre regioni si paga soltanto il ticket.
La decisione della giunta lombarda è immotivata e discriminatoria: - spiega Marilisa D’Amico, ordinario di Diritto costituzionale alla Statale – la Consulta ha detto in modo indiscutibile che la fecondazione assistita, omologa o eterologa che sia, è una cura, e pertanto le coppie hanno pieno diritto di ricorrere alle cure per loro necessarie. Ed è discriminatorio che i cittadini di una sola regione in Italia siano obbligati a pagare, e molto, una terapia perché questa terapia non incontra il gradimento ideologico della giunta.
Domani, dunque, la prima udienza: nella speranza che il Tar, dopo la caduta del divieto, levi di torno cavilli burocratici e prevaricazioni economiche.