Succede in Arabia Saudita, dove le donne dipendono per la vita da un “guardiano” maschio. E dove i diritti al femminile sono un tabu sconosciuto. Eppure, qualcosa sta cambiando. Come racconta la giornalista e scrittrice Michela Fontana in Nonostante il Velo, un reportage in forma di racconto dove per la prima volta le donne saudite parlano della loro condizione, delle loro battaglie, dei loro sogni.
Riuscire a conoscere dall’interno il mondo femminile in Arabia Saudita, il Paese più impenetrabile del mondo arabo, culla del wahabismo, (una delle forme del salafismo) consente un’esplorazione ravvicinata del ruolo della donna nell’Islam più conservatore. E si scopre che anche quello è un mondo in lenta evoluzione, perché sono le donne a spingere verso una maggiore apertura e a chiedere più diritti. Anche se la maggioranza di loro – e questo agli occidentali può sembrare un paradosso- non è ancora pronta a superare la cultura tribale e la tradizione religiosa fortemente paternalistiche in cui sono state cresciute. L’Arabia Saudita è l’unico Paese al mondo dove le donne non possono nemmeno guidare l’automobile, e tutte (ricche e povere, principesse di casa reale incluse) dipendono per tutta la vita da un “guardiano” maschio, a cui devono chiedere il permesso per uscire di casa, studiare, viaggiare, sposarsi, farsi ricoverare o dimettere dall’ospedale. Il comportamento di ogni donna viene controllato, come quello di tutta la popolazione, dalla inflessibile polizia religiosa. Non a caso, nella graduatoria sulla disparità di genere del Global gender Gap Report del 2012, l’Arabia Saudita occupa il 131esimo posto su 134 Paesi.
Eppure la società saudita, dove ancora oggi vige una rigidissima segregazione sessuale, sta cambiando, a cominciare dai rapporti dentro la famiglia: le donne diventano più visibili, sono entrate a far parte dello Shura (il consiglio del re), potranno votare alle elezioni municipali e le più giovani cercano di farsi protagoniste del loro destino. Il tasso dei divorzi è oggi il più alto del mondo arabo e un numero crescente di ragazze punta sull’educazione e vuole trovare un lavoro prima di sposarsi e avere figli. Le studentesse possono avere accesso alle borse di studio per studiare all’estero, purchè accompagnate da un famigliare di sesso maschile. Più della metà degli studenti sono donne, come la maggioranza dei giovani che possiede un dottorato. Le giovani trascorrono ore al computer, comunicando e chattando anche con i ragazzi, eludendo di fatto la segregazione. Dunque, un Paese attraversato da contraddizioni e da forti venti di voglia di cambiamento. Quali prospettive, dunque, per le donne saudite? Il loro desiderio di emancipazione e di conquista dei più elementari diritti, sembra forse destinato ad avere successo, ma il governo saudita non potrà non essere influenzato dall’evoluzione dell’attuale crisi che investe il Medio Oriente.