È passato con il 62,1% dei “sì” il referendum sui matrimoni gay aperto nei giorni scorsi in Irlanda, primo paese al mondo che, per decidere se legalizzarli o meno, ha rivolto direttamente la domanda ai propri cittadini. Altissima l’affluenza soprattutto tra i giovani (il 60% degli aventi diritto ha espresso la loro opinione), che si sono mobilitati in massa nonostante il grande spirito cattolico che anima un paese ancora privo di una legge sull’aborto e che ha decriminalizzato l’omosessualità poco più di 20 anni fa. E in Italia? Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale, che considera legittime le richieste della comunità gay, le decisioni dei tribunali e i ricorsi al Tar sulle trascrizioni, il sistema politico italiano resta immobile sul tema delle unioni, con una legge sull’omofobia che giace ancora impantanata al Senato e un disegno di legge sulle civil partnership “alla tedesca” bloccato da più di 4000 emendamenti. Brutta figura per il nostro Paese, che diventa così uno dei 9 europei ancora senza una regolamentazione delle unioni tra persone dello stesso sesso.