L’ultimo Rapporto sulla povertà in Italia, ha rivelato che la percentuale di persone che vive in condizioni di povertà assoluta nel nostro Paese si attesta intorno al 6,8% (lo scorso anno era il 7,3%, quasi il doppio rispetto ai valori precedenti alla crisi). In più, denuncia il Rapporto Caritas appena pubblicato, gli interventi da parte del Governo sono da considerare insufficienti, perché inferiori rispetto alla media dei paesi europei. Negli ultimi giorni però, il premier Matteo Renzi ha annunciato nuovi interventi che, finalmente, potrebbero rappresentare un impegno concreto a risolvere l’emergenza. Vox ha raccolto il contributo di Isabella Menichini, direttore del settore Disabilità e Salute mentale del Comune di Milano, che ha commentato per noi la notizia. Eccolo.
Il Presidente Renzi domenica scorsa nel corso di una trasmissione televisiva ha dichiarato che la povertà per lui rappresenta una concreta priorità, facendo riferimento in particolare alla condizione di privazione estrema in cui versa un numero considerevole di bambini e bambine nel nostro Paese (oltre un milione per l’esattezza). E’ la prima volta che il premier annuncia in maniera esplicita che il Governo intende varare nella prossima legge di Stabilità (in uscita questa settimana) una misura “strutturale” per combattere la povertà dei minori finanziata con un miliardo di euro.
Negli ultimi mesi la questione della povertà e dell’assenza nel nostro Paese di una politica organica per combatterla ha finalmente attirato l’attenzione di politici e istituzioni, grazie soprattutto a un pressing crescente di associazioni e stakeholders di riferimento, la maggior parte dei quali riuniti nell’Alleanza contro la povertà: il primo network formatosi intorno ad un unico progetto – il Piano Nazionale contro la Povertà – con la partecipazione di associazioni, sindacati, regioni e comuni. Giusto un mese fa la Caritas – uno dei soggetti più attivi dell’Alleanza – ha presentato il Secondo Rapporto sulla povertà in Italia, dal titolo emblematico: “Dopo la crisi, costruire il welfare”. Il rapporto ci ricorda innanzitutto che nel 2014 la percentuale di persone che vive in povertà assoluta si è stabilizzata al 6,8% della popolazione (nel 2013 erano il 7,3) ma questo dato va comparato con quello del 2007 (l’anno prima della crisi): allora i poveri erano il 3,1% della popolazione, cioè la metà rispetto a oggi. Affermano gli studiosi che il raddoppio del tasso di povertà rappresenta la vera eredità della crisi e che non si tornerà più al livello pre-crisi. Soprattutto se il nostro Paese non decide di colmare finalmente il gap che ci separa dal resto dell’Unione europea introducendo una misura strutturale e universale di contrasto alla povertà.
Un’analisi impietosa quella delineata dal Rapporto Caritas: l’attuale sistema di interventi pubblici è del tutto inadeguato per volume di risorse economiche dedicate e composto da una miriade di prestazioni non coordinate, suddivise tra una varietà di categorie e con caratteristiche diverse. Se le risorse destinate al welfare sociale – come ribadito più volte – sono del tutto insufficienti rispetto ai bisogni della popolazione, quelle destinate alla povertà rappresentano poi il fanalino di coda. Il nostro Paese infatti riserva a chi vive in condizione di privazione estrema una percentuale di stanziamenti inferiore alla media dei paesi dell’area euro – 0,1% rispetto a 0,5% del Pil, l’80% in meno. Inoltre, la gran parte dei finanziamenti pubblici disponibili è dedicata a prestazioni monetarie nazionali e nessuna attenzione è riservata allo sviluppo dei servizi: tutte le analisi dimostrano invece che soltanto un mix ben calibrato di trasferimenti monetari e servizi (sociali, educativi, sanitari, del lavoro) può determinare la costruzione di percorsi solidi di reinserimento sociale e professionale. La persona, la famiglia in condizione di povertà estrema non riuscirà con il solo trasferimento monetario a riprendere in mano la propria vita ma è indispensabile il supporto di servizi in relazione ai bisogni specifici che quella famiglia esprime.
Il Presidente Renzi non ha annunciato – come auspicato dall’Alleanza contro la Povertà – l’adozione di un Piano Nazionale per l’introduzione di una misura universale sostenuta da un finanziamento pubblico stabile, da implementare con gradualità in un arco di tempo definito – 7 miliardi da spalmare in 4 anni per mandarla a regime – e con il coinvolgimento attivo dei servizi territoriali erogati da Comuni e Terzo Settore. Ha annunciato per ora un intervento riservato ai minori, con il rischio di ripetere gli errori del passato: un contributo ad hoc, su un target specifico, alimentando quelle brutte discussioni già ascoltate in passato su quali categorie di persone siano più meritevoli di ricevere un sostegno pubblico per la loro condizione di privazione.
L’Alleanza contro la povertà nella sua proposta sottolinea invece l’importanza di superare definitivamente le esperienze viste fino ad oggi: affermando che le persone povere, qualunque siano la sua età o altre caratteristiche – se si impegnano hanno diritto a costruirsi un futuro migliore.
Forse non sarà neanche questa la volta buona, ma è già incoraggiante che finalmente il tema della povertà e le misure per affrontarla in maniera definitiva e strutturale siano oramai divenuti oggetto di dibattito pubblico quotidiano, soprattutto grazie al prezioso impegno portato avanti agli organismi di rappresentanza.