Victor Klemperer, filologo tedesco di origine ebraica, ha cercato di spiegare così la ragione per cui ha ritenuto necessario scrivere il suo diario “LTI. La lingua del Terzo Reich”, nel quale ha registrato le modalità distorte con cui è stato utilizzato il linguaggio durante gli anni del nazionalsocialismo: semplicemente “per delle parole”. Ed è proprio vero: dalla lingua può derivare un crimine d’odio.
Diverse sono le sfumature attraverso cui – con le parole – si espande l’antisemitismo, in tal modo togliendo dignità a ciò che rappresenta, oggi, il 27 gennaio 1945.
Quali sono gli strumenti giuridici attraverso cui è possibile contrastare la discriminazione antisemita che risiede in un linguaggio violento? In primo luogo, la legge Scelba (Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione) del 1952, volta alla repressione penale della riorganizzazione del disciolto partito fascista, dell’apologia del fascismo e delle manifestazioni fasciste. In secondo luogo, la legge Mancino (Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa), entrata in vigore nel 1993, la quale prevede la reclusione di chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, o di chi incita alla discriminazione o all’odio o commette violenza o atti di provocazione alla violenza, per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e il divieto di ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione, all’odio o alla violenza per gli stessi motivi sopra evidenziati. Successivamente, in occasione della l. n. 115 del 2016 è stata attribuita rilevanza penale alle affermazioni negazioniste della Shoah; è sempre dello stesso anno l’istituzione della Commissione “Jo-Cox” sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni d’odio. Ancora, in occasione dell’entrata in vigore della legge n. 167 del 2016, “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”, è stato modificato l’aggravante di negazionismo all’art. 3-bis dell’art. 3 l. 654/1975.
Quanto alle novità, il 6 aprile 2018 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 21 del 2018, il quale, tra le altre modifiche al codice penale, ha trasferito all’art. 604-bis, ora rubricato Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, la fattispecie criminosa originariamente prevista dall’articolo 3 della legge n. 654/1975 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966): l’articolo in questione punisce chiunque propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi: nella disposizione in questione, inoltre, al comma terzo, è prevista l’applicazione della pena alla reclusione in caso di negazione, minimizzazione in modo grave o apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale. La recentissima approvazione della mozione per l’istituzione di una Commissione volta al contrasto di eventi di razzismo, antisemitismo, intolleranza, all’istigazione all’odio e alla violenza premette, tra i molti nodi problematici, l’assenza (rumorosa, nonostante le discipline normative sopra menzionate) di una normativa interamente ad hoc contro l’hate speech (peraltro non ancora oggetto di una definizione normativa). Allo stato attuale, se in Germania (e il riferimento non è casuale) nel 2018 è entrata in vigore una legge volta a contrastare i discorsi d’odio, in Italia si registra la presentazione di due disegni di legge a ciò rivolti: il disegno di legge d’iniziativa dei Senatori Boldrini e altri, Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di contrasto dell’istigazione all’odio e alla discriminazione (hate speech), volto alla criminalizzazione del fenomeno in oggetto, e il più recente disegno di legge d’iniziativa dei Senatori Fedeli e altri, Misure per il contrasto del fenomeno dell’istigazione all’odio sul web. Il tracciato costituzionale entro cui si inseriscono i due disegni di legge si muove tra tre poli: quello della libertà di manifestazione del pensiero, certamente, e quello – imprescindibile – del rispetto della dignità umana, nonché del principio di non discriminazione.