NEWS gli avvocati Marilisa D’Amico e Massimo Clara hanno accompagnato in Comune di Milano la coppia che, per la prima volta in Italia, a Milano, si è vista riconoscere la proprio unione civile contratta all’estero, trascritta nel registro comunale. Un passo importante verso il pieno riconoscimento delle coppie omosessuali.
“La giunta Pisapia e il Comune di Milano sono sensibili ai diritti delle coppie omosessuali e, da subito, hanno accolto la possibilità di trascrivere l’atto inglese” ha dichiarato Marilisa D’Amico, avvocato difensore della coppia insieme a Massimo Clara, cofondatori di VOX “Questo è un passo avanti importantissimo, in attesa della sospirata legge nazionale sulle unioni civili”.
NEWS: In altre città il registro è stato un flop, con pochissimi iscritti. Ma Milano vanta un risultato da record. Il registro delle unioni civili, approvato a settembre, arriva infatti a quota 650 coppie. Per lo più si tratta di persone tra i 30 e i 50 anni, alcune con un matrimonio fallito alle spalle, per un quarto omosessuali. Per maggiori informazioni
“Si tratta di un ottimo risultato ma di un piccolo passo in attesa che il Parlamento legiferi su una materia così importante e delicata” ha dichiarato a VOX Pier Francesco Majorino, Assessore alle Politiche sociali e Cultura della salute a Milano “l’Italia deve raggiungere lo standard dei diritti civili degli altri paesi europei e il Comune di Milano si pone come obiettivo quello di ampliare i servizi a cui potranno accedere gli iscritti”.
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VOX Milano, finalmente al traguardo del registro delle unioni civili.
A quasi un anno dall’approvazione del Registro per le Unioni Civili, Milano registra oltre 500 coppie di fatto, tra cui oltre un terzo sono unioni omosessuali. Bilanci e riflessioni per VOX a cura dell’avvocato civilista Massimo Clara.
Dal 27 luglio 2012 Milano ha il Registro delle Unioni civili. Anche Milano, si deve dire, perché già molti Comuni Italiani sono dotati di questo strumento. Ma la svolta milanese ha avuto particolari risalto ed importanza, sia per il segnale politico che la capitale economica ha voluto dare, sia perché il carattere profondamente simbolico del provvedimento ha segnato un momento alto dell’attività del nuovo Consiglio Comunale e della giunta Pisapia.
UN PROVVEDIMENTO INUTILE CHE DANNEGGIA LA FAMIGLIA
Nei momenti più polemici del dibattito, caratterizzato da punte di forte contrapposizione ideologica, si è spesso ascoltato un argomento contrario al Registro. Si diceva: questo provvedimento è del tutto inutile, perché la famiglia di fatto è già riconosciuta dall’ordinamento anagrafico (DPR 223/1989, art. 4), e contemporaneamente è pericoloso perché “danneggia la famiglia”.
In questo argomentare c’è qualcosa che stupisce: se un provvedimento è del tutto inutile, anzi forse addirittura ripetitivo di norme che già ci sono da anni, perché allora combatterlo tanto aspramente? E come potrebbe qualcosa di inutile “danneggiare la famiglia”?.
Certo, sono affermazioni che si contraddicono, ma proprio a partire da questa contraddizione evidente si arriva a comprendere quale sia stata la posta in gioco, e quale risultato sia stato raggiunto.
C’era molto ideologismo in chi non voleva il Registro, c’era l’atteggiamento di chi da un lato nega la realtà, dall’altro coltiva l’idea di imporre a tutti, sempre e comunque, il proprio modello di bene e di giusto.
C’era la negazione della realtà: non occorre essere sociologi per constatare come oggi esistano e vivano benissimo diversi modelli di nucleo familiare, diversi per necessità, diversi per scelta.
LE FAMIGLIE PLURALI
Ci sono le coppie che non possono ancora sposarsi, in attesa del divorzio, ci sono gli amici o i parenti che coabitano perché le condizioni economiche non consentono due case. Ci sono quelli che vivono insieme per amore ma che non vogliono legami, quelli che iniziano una strada ma “decideranno definitivamente” domani, e così via. Basta che ognuno di noi si guardi in giro, che consideri amici, parenti e colleghi, e la constatazione della molteplicità dei modelli familiari è lì sotto gli occhi.
Giustamente, allora, il programma per Pisapia sindaco parlava di “famiglie plurali”, tutte uguali e con pari dignità.
Poi c’è chi ha in mente solo il suo modello standard: madre, padre, figli, così si deve fare il ed resto è peccato, magari si potrebbe pure abrogare il divorzio. Chi desidera questa famiglia obbligatoria non accetta quello che è sotto gli occhi di tutti; e – da buon fondamentalista – si adopera perché chi non si adegua al modello prefissato sia discriminato, danneggiato, emarginato (visto che non si può punirlo e reprimerlo). Poi c’è anche, e soprattutto, chi vuole e non può: le coppie di persone del medesimo sesso si scelgono, si amano, costruiscono un progetto comune esattamente come le coppie etero: ma a loro il matrimonio è negato.
IL SEGNALE POLITICO
Io sono convinto che le coppie omosessuali abbiano pieno diritto al matrimonio, ma questa è una battaglia civile non ancora conclusa. Già oggi, però, le amministrazioni locali possono fare, e fare molto. L’indicazione viene dalla Corte Costituzionale, che riconosce alle coppie omosessuali il diritto a vivere liberamente la propria condizione di coppia, ed afferma che queste coppie sono una delle formazioni sociali protette dall’art. 2 della Costituzione Italiana (sentenza 138 del 2010).Ed allora l’amministrazione comunale ha il dovere, oltre che il potere, di attivarsi per quanto è nelle sue competenze.
Questa è la prospettiva in cui si pone il Registro delle Unioni Civili di Milano. Si deve dire, onore al merito, che la delibera di Torino (Consiglio Comunale del 28 giugno 2010) è stata un precedente di particolari importanza e significatività: l’idea di fondo, confermata nel progetto milanese, è che riconoscimento simbolico, ruolo sociale e politiche amministrative non possano e non debbano essere separati. Ed infatti, con puntuale precisione, il Regolamento per il riconoscimento delle Unioni Civili elenca gli ambiti dell’intervento amministrativo: casa, sanità, servizi sociali, sport…
Concretamente, dunque, si riconosce che le “famiglie plurali” non possono essere discriminate; meglio, nel rapporto con l’Amministrazione sono uguali e godono tutte dei medesimi diritti. Anche sotto il profilo del rispetto della normativa europea contro tutte le forme di discriminazione la prospettiva scelta è quella della realizzazione dei diritti.
L’ASPETTO SIMBOLICO
A questo aspetto sostanziale si accompagna l’aspetto simbolico, in una situazione in cui – in realtà – la forma è sostanza.
Il Registro è legato alla “famiglia anagrafica basata sul vincolo affettivo” regolata dall’ordinamento del 1989, ma è anche specificamente rivolto a “due persone maggiorenni, di sesso diverso o delle stesso sesso”.
Vi è dunque l’esplicito sottolineato riconoscimento della coppia, come elemento della vita sociale formatosi per scelta e responsabilità delle persone, ed il rispetto di questa volontà dei cittadini è la bussola per l’Amministrazione, che riconosce piena eguaglianza e dignità alla formazione sociale costituitasi nel rispetto dell’ orientamento sessuale di ciascuno.
Certamente gli altri modelli familiari, riconosciuti dall’ordinamento anagrafico, non subiranno trattamenti discriminatori, appunto in coerenza con il principio delle famiglie plurali. Ma il riconoscimento espresso della coppia – famiglia, etero o omosessuale senza differenziazioni, è un punto decisivo dell’impegno antidiscriminatorio.
Dunque, oggettivamente, il Registro è – contemporaneamente – rilevante sotto il profilo istituzionale e concreto sotto il profilo amministrativo.
A questo punto, è evidente la contraddizione interna dell’ordinamento.
Per la vita sociale, per le amministrazioni, per il permesso di soggiorno le coppie sono tali perché due persone si sono scelte e volute. Però il matrimonio è riservato solo alle coppie composte da persone di sesso diverso. Insomma, diritti pubblici uguali, diritti reciproci (eredità / alimenti) negati.
Una diversità di trattamento che non ha ragion d’essere, quindi discriminatoria, quindi da eliminare (e non si dica che solo le coppie etero possano procreare: che facciamo, vietiamo il matrimonio agli sterili, e se si sposano gli annulliamo il matrimonio d’ufficio? o rendiamo la procreazione obbligatoria per legge?).
Qui si apre una questione che riguarda la legge nazionale.
Il Comune di Milano, sulla lunga strada del riconoscimento dei diritti civili, la sua parte l’ha fatta.
Massimo Clara