La legge n. 40 del 2004, “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, disciplina i requisiti, in presenza dei quali è ammesso il ricorso, da parte di coppie steriliti e infertili, a tecniche di fecondazione artificiale.
Più in particolare, la legge mira a superare i problemi di sterilità e di infertilità delle coppie, che siano incapaci di procreare naturalmente.
La legge sulla fecondazione medicalmente assistita ha costituito l’esito di un iter legislativo lungo e complesso e costituisce il primo intervento del legislatore italiano sulla materia.
Uno degli aspetti che maggiormente caratterizzano l’impostazione della legge è rappresentato dalla pretesa che l’embrione debba ricevere una tutela più forte, rispetto ai diritti degli altri soggetti coinvolti, perché l’embrione è considerato il soggetto più debole.
Questa impostazione di principio emerge chiaramente dall’art. 1 della legge, che si propone di assicurare “i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”, e si è tradotta in tutta una serie di divieti e di limiti alla possibilità per le coppie sterili e infertili di fare ricorso alle tecniche di procreazione artificiale.
I profili critici:
Numerose risultano, quindi, le criticità che la legge sulla fecondazione medicalmente assistita ha sollevato, innanzitutto sul piano della tutela dei principi costituzionali fondamentali della persona e della coppia.
Le tecniche di fecondazione medicalmente assistita ammesse:
Un primo aspetto problematico riguarda la selezione delle tecniche di fecondazione artificiale ammesse (art. 4).
Nella sua versione originaria, la legge limitava fortemente la c.d. fecondazione di tipo omologo, indicata per quelle coppie che siano in grado di produrre al proprio interno gameti fecondabili artificialmente.
Più in particolare, la legge stabiliva un numero rigido di embrioni da destinare all’impianto (“non superiore a tre”), così pregiudicando per molte coppie la possibilità di avere bambini.
Si consideri, infatti, che per donne in età più avanzata il numero previsto dalla legge non avrebbe loro consentito di ottenere una gravidanza, mentre avrebbe esposto donne più giovani al rischio di parti plurigemellari.
Su questo aspetto, particolarmente importante è stato l’intervento della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 151 del 2009, da un lato, ha rimesso ogni scelta in ordine al numero degli embrioni da impiantare alla responsabilità e all’autonomia del medico (non più, quindi, al legislatore); dall’altro ha riconosciuto che la tutela del diritto alla vita dell’embrione debba necessariamente essere bilanciata con un altro diritto costituzionale, “le giuste esigenze della procreazione”, ossia con i diritti delle coppie.
La legge vieta, poi, in modo assoluto la c.d. fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo (art. 4, comma 3), ossia quella tecnica di procreazione artificiale che richiede la donazione di uno o di entrambi i gameti da parte di soggetti esterni alla coppia.
Questo divieto ha indotto molte coppie a recarsi all’estero (c.d. fenomeno del “turismo procreativo”), con un aggravio economico notevole e con rischi per la salute della donna e del nascituro, laddove i controlli e le condizioni dei centri di procreazione artificiale siano meno severi.
Il divieto di fecondazione eterologa presenta numerosi profili di dubbia conformità ai principi che la nostra Costituzione sancisce.
In proposito, si ricorda che, di recente, è stata nuovamente sollevata, dai Tribunali di Milano e di Catania, la questione di legittimità costituzionale del divieto di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo. La decisione della Corte costituzionale è attesa entro l’anno.
I requisiti soggettivi di accesso alle tecniche:
Un secondo profilo problematico riguarda i c.d. “requisiti soggettivi” di accesso alle tecniche di procreazione artificiale (art. 5), ossia le condizioni in presenza delle quali è ammesso il ricorso a tali tecniche.
La legge n. 40/2004, infatti, consente il ricorso alla procreazione artificiale solo alle coppie maggiorenni, di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.
A differenza della maggior parte dei Paesi membri dell’Unione Europea non è, quindi, possibile in Italia accedere alla fecondazione assistita per le donne single e per le coppie composte da persone dello stesso sesso.
La ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali:
La legge n. 40/2004 vieta la ricerca sulle cellule staminali embrionali (art. 13), costituendo così un ostacolo insormontabile a una parte della ricerca scientifica e ponendo l’Italia in una posizione di isolamento rispetto agli altri Stati membri dell’Unione Europea.
Particolarmente controversa e al centro di numerose decisioni giudiziarie, è stata la questione – ad oggi risolta positivamente dalla Corte costituzionale (sentenza n. 151/2009) – relativa alla possibilità o meno per le coppie sterili e infertili di avvalersi dello strumento diagnostico della diagnosi genetica pre-impianto, al fine di conoscere lo stato di salute degli embrioni da destinare all’impianto.
Problemi diversi si pongono, invece, con riferimento all’accesso alla diagnosi genetica pre-impianto da parte di coppie fertili, ma portatrici sane di malattie geneticamente trasmissibili, attualmente vietato dalla legge n. 40/2004.
La legge n. 40/2004 non consente, infatti, il ricorso a tecniche di fecondazione medicalmente assistita alle coppie fertili, ma soltanto – come già evidenziato – alle coppie sterili e infertili.
Sul punto, è dell’agosto del 2012 la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo (caso Costa e Pavan c. Italia), che ha condannato l’Italia e ha stabilito che il divieto di accesso alla diagnosi genetica pre-impianto opposto alle coppie fertili costituisce una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea, ossia del diritto alla vita privata e familiare.
Riferimenti bibliografici:
M. D’Amico, “I diritti contesi”, FrancoAngeli, Milano, 2008
M. D’Amico, “La laicità è donna”, L’Asino d’oro Edizioni, Roma, 2013
– Sul tema dei limiti alla fecondazione medicalmente assistita di tipo omologo e sulla sentenza n. 151 del 2009 della Corte costituzionale, si veda:
M. D’Amico, I. Pellizzone, “I diritti delle coppie infertili. Il limite dei tre embrioni e la sentenza della Corte costituzionale”, FrancoAngeli, Milano, 2010
– Per un approfondimento sul tema dei profili di dubbia legittimità costituzionale del divieto di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo, si veda:
M. D’Amico, “Sull’incostituzionalità del divieto di ‘fecondazione eterologa’ fra i principi costituzionali ed europei”, in M. D’Amico, B. Liberali (a cura di), “Il divieto di donazione di gameti. Fra Corte costituzionale e Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”, FrancoAngeli, Milano, 2011