Quanti sono i “nuovi italiani”? E chi sono? Secondo le ultime stime sono oltre un milione, di cui circa 650 mila nati e cresciuti in Italia. Le forme per ottenere la cittadinanza sono diverse e in Italia la situazione per “minori stranieri, figli di immigrati e seconde generazioni” resta complicata. A raccontarla, con chiarezza e semplicità, è l’esperto di diritto internazionale Reas Syed che per VOX chiude con una domanda da cui ripartire: vogliamo vivere in un Paese di stranieri?
I NUMERI DEL FENOMENO
Visto che ultimamente sul tema della cittadinanza sono in molti a farlo, partiamo anche noi dando dei numeri.
I minori nati da genitori stranieri e regolarmente residenti in Italia sono oltre un milione, di cui circa 650 mila sono nati e cresciuti in Italia mentre gli altri sono arrivati nel Belpaese nei primissimi anni della loro vita. (dati ISTAT 2012)
In una città come Milano ad esempio, su un totale di poco più di 200 mila minorenni, oltre 45 mila sono i minori che non hanno la cittadinanza italiana e 34 mila di questi sono nati e cresciuti in Italia (dati Comune di Milano 2011).
Pertanto quando parliamo minori stranieri, di figli degli immigrati, di seconde generazioni o di nuovi italiani ricordiamoci che, pur non considerando chi ormai ha raggiunto la maggiore età, in una città come Milano parliamo di un minore su quattro, a livello nazionale la proporzione è di circa uno e mezzo su dieci.
TUTTI I TIPI DI IUS
Dal punto di vista giuridico i princìpi su cui gli Stati si basano per concedere la cittadinanza sono vari, tra cui i principali sono lo ius soli, ius sanguinis, ius domicilii e iure communicatio.
Ius sanguinis, diritto di sangue, è il principio secondo il quale lo stato di cittadino si trasmette dai genitori ai figli (e in certi casi anche a discendenti più lontani), a prescindere dal luogo in cui questi nascono, crescono o vivono.
Ius soli, diritto del suolo, è il principio che prevede che la cittadinanza dello Stato venga attribuita a chiunque nasce sul territorio dello stesso Stato, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Sul punto è doveroso ricordare che esistono molte varianti più o meno accentuate di ius soli che vanno dal cosiddetto ius soli puro (nasci sul territorio dello stato e sei cittadino) a modelli più mitigati che oltre alla nascita prevedono ulteriori requisiti, che possono esser una permanenza più o meno lunga sul territorio da parte dei genitori oppure dello stesso minore.
Ius domicilii, diritto del domicilio, è il principio in base al quale la cittadinanza viene concessa a chi risiede stabilmente nel territorio di un determinato Stato. La durata della permanenza richiesta varia da paese a paese ma l’arco temporale va dai 3 anni dei Paesi come Canada, Belgio, ai 10 anni dei Paesi come la Spagna e l’Italia.
Infine iure communicatio, che è il principio secondo il quale la cittadinanza può esser trasmessa da un componente della famiglia ad un altro, i casi più frequenti di trasmissione della cittadinanza sono il matrimonio e l’adozione.
Ovviamente essendo la materia, anche storicamente, di stretta competenza statale, l’applicazione di questi principi e, conseguentemente, le leggi che regolano la concessione della cittadinanza variano da Paese a Paese.
IN ITALIA
Anche la legislazione italiana prevede diverse modalità per l’acquisizione della cittadinanza italiana, tali modalità sono disciplinate in particolare dalla legge n. 91 del 1992 (la norma sostanzialmente ricalca la legislazione precedente che risale al 1912)
Il criterio principale è lo ius sanguinis dunque la cittadinanza italiana si trasmette dai genitori ai figli (ma anche nipoti, pronipoti, ecc.) a prescindere da una valutazione su questi siano nati, dove crescono e dove vivono.
Operano inoltre sia il principio dello iure communicatio sia quello, seppur in maniera molto rigida, dello ius domicilii e dunque è possibile ottenere la cittadinanza italiana, da un lato, attraverso il matrimonio con un cittadino o tramite l’adozione, dall’altro lato, in seguito ad una stabile ed ininterrotta permanenza sul territorio dello stato italiano per almeno dieci anni.
Per completezza è doveroso segnalare che dallo ius domicilii italiano non deriva un vero e proprio diritto ma si matura soltanto un interesse legittimo che consente di presentare la richiesta di cittadinanza la cui concessione nonché lo svolgimento del relativo procedimento sono basati sul principio della discrezionalità amministrativa.
Quanto allo ius soli, esso non opera. Opera invece un ulteriore caso eccezionale e particolarmente rigido di ius domicilii.
Infatti chi nasce in Italia, solo, e soltanto, se risiede ininterrottamente sul territorio dello Stato sino al compimento della maggiore età matura il diritto alla cittadinanza italiana. Tuttavia va ricordato che tale diritto è temporaneo in quanto ha una durata limitata, di un anno, e si esaurisce al compimento del 19esimo anno d’età.
Trascorso tale periodo il soggetto interessato all’ottenimento della cittadinanza, anche se nato e cresciuto in Italia deve seguire l’iter e il procedimento amministrativo predisposti per un qualsiasi straniero secondo il principio dello ius domicilii di cui sopra.
LE LEGGI DEGLI ULTIMI ANNI
Negli ultimi anni, alla luce dei dati e delle vicissitudini demografiche del Paese, sono state avanzate numerose proposte di legge che mirano modificare la legge italiana in materia di cittadinanza, in particolare, introducendovi anche uno ius soli “moderato”.
Nessuna di queste proposte infatti prevede l’automatismo dello ius soli puro per cui chiunque nasca sul territorio dello stato italiano potrebbe diventare automaticamente cittadino italiano.
Vengono invece posti dei correttivi, che possono essere la residenza regolare per un determinato periodo da parte dei genitori del nascituro oppure il compimento di un ciclo scolastico da parte del minore stesso.
Tra le proposte avanzate per l’introduzione dello ius soli figura anche una proposta di riforma popolare che ha raccolto oltre 120 mila firme di cittadini italiani con la campagna “L’Italia Sono Anch’Io”.
Per concludere è giusto ricordare che la legge 91 del 1992 è una legge ordinaria dello Stato che è stata emendata anche negli ultimi anni. Ne consegue che non servono certo modifiche Costituzionali né proposte referendarie per poterla modificare in modo da introdurvi anche la fattispecie dello ius soli moderato.
Molti ritengono che l’introduzione dello ius soli sia un percorso di “democratizzazione della democrazia”; a mio avviso la domanda che dovrebbe guidare il legislatore nella scelta o meno dell’introdurre lo ius soli è se all’Italia, di oggi e di domani, conviene avere e crescere più stranieri o cittadini italiani.
Reas Syed