Il Ministero della Pubblica Istruzione ha rinviato a “data da destinarsi” i corsi anti-omofobia previsti nelle scuole pubbliche italiane, dopo le polemiche sollevate dalla Cei (Conferenza episcopale Italiana). Le lezioni, definite dai cattolici come uno “strisciante tentativo di incoraggiare I ragazzi all’omosessualità”, erano destinate ai docenti di tutti gli istituti, con l’intento di responsabilizzare le scuole verso l’accettazione della diversità.
Per Vox, il commento di Matteo Winkler, Professore di diritto internazionale e militante dei diritti Lgbt.
Dalla Conferenza episcopale italiana e dal suo Presidente, il Card. Angelo Bagnasco, è giunto un nuovo attacco, questa volta ufficiale, contro i volumi distribuiti nelle scuole pubbliche italiane dedicate all’educazione alla diversità. I volumi, curati dall’Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali (UNAR) e dall’Istituto Beck, accreditato al MIUR, dedicano apposita attenzione alla realtà del bullismo, in particolare omofobico, dunque avente come bersaglio persone gay, lesbiche e transessuali, e mirano a creare una scuola più inclusiva, solidale, pluralista e dunque più giusta. “Distruggono la famiglia”, ha detto Bagnasco, facendo eco a quanto detto da lui stesso lo scorso mese di febbraio: “È in atto una strategia persecutoria contro la famiglia, un attacco per destrutturare la persona e quindi destrutturare la società e metterla in balia di chi è più forte e ha tutto l’interesse a che la gente sia smarrita. Nel torbido il male opera meglio”.
Sono critiche ingenerose ed insensate, oltre che totalmente infondate.
E’ facile comprendere la ragione di questa ennesima interferenza delle autorità ecclesiastiche nel legittimo esercizio del potere di governo, visto che i volumi sono stati a suo tempo autorizzati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Mario Monti) su iniziativa del Ministro delle pari opportunità dell’epoca (Elsa Fornero), che a sua volta hanno agito non certo motu proprio, bensì sotto la scorta di una serie di raccomandazioni del Consiglio d’Europa. Si tratta infatti, una volta di più, di affermare il monopolio della Chiesa Cattolica sull’educazione e sulla morale, oggi più che in mai attraversato da una profonda crisi, e in particolare nella battaglia contro il pluralismo e la diversità, che la Chiesa ritiene contrari ai propri interessi.
Più difficile è, invece, cogliere la sostanza delle accuse rivolte ai volumetti incriminati: come può la considerazione delle persone gay, lesbiche e transessuali come esseri liberi in umanità, dignità e diritti distruggere, come si sostiene, la famiglia? E’ un’argomentazione che, evidentemente, tiene solo in un mondo popolato di soli eterosessuali, oppure in una società dove essere omosessuale è un atto di eversione estrema: che sia forse così, esattamente che lo vede la CEI.
Va precisato che la campagna di Bagnasco non è isolata, ma si colloca all’interno di una serie di tentativi, operati da associazioni cattoliche e confessionalmente orientate, di affossare il progetto dell’UNAR. Recentemente, anche il Sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, come ho avuto modo di evidenziare in un mio post di qualche giorno fa, ha addirittura detto la sua in un’intervista ad Avvenire: bisogna opporsi con forza a questi tentativi di “indottrinare i nostri ragazzi rispetto all’ideologia del gender e alle ‘nuove famiglie’”, dichiara Toccafondi.
Questi attacchi mettono a nudo la vischiosità delle argomentazioni usate contro il lavoro dell’UNAR e dell’Istituto Beck, che in verità nulla ha a che vedere con la cosiddetta “teoria del gender” e che invece risponde alla necessità pressante di adattare le strutture scolastiche, in ultima analisi aggiornandole, alla realtà esistente, che è già plurale, e lo è al di là di qualsiasi definizione politica o religiosa. Il punto è che esistono migliaia di bambini e bambine, di ragazzi e ragazze che subiscono atti di bullismo, discriminazione e prevaricazione perchè omosessuali, e che questi atti si rivolgono non al singolo individuo, ma un’intera fascia di popolazione, colpita in virtù di una caratteristica personale come l’orientamento sessuale. Si richiama il diritto, sacrosanto e peraltro costituzionalmente garantito, di educare i propri figli, senza comprendere al contempo che l’esercizio di questo diritto, che pure potrebbe persino arrivare ad inculcare nei propri figli l’ostilità più violenta nei confronti delle persone omosessuali, non può tuttavia negare la corrispettiva assunzione di responsabilità che da ciò inevitabilmente deriva, colpevole di alimentare l’omofobia all’interno della nostra società e, in ultima analisi, di distruggere quella porzione di umanità presente in ognuno di noi costituita dall’orientamento sessuale.
Responsabilizzare la scuole verso l’accettazione della diversità, come ha voluto e vuole fare l’UNAR con i volumetti oggetto di contesa, non è dunque un atto eversivo, ma un grande passo di civilità. Non è una violazione dei diritti dei genitori o delle famiglie, ma il riconoscimento dei diritti degli studenti e delle studentesse che popolano le nostre scuole pubbliche.