In 112 Paesi nel mondo la tortura viene ancora praticata. In Messico, Uzbekistan, Somalia, Afghanistan e in molti altri paesi, uomini e donne vengono picchiati, ustionati, privati del sonno, colpiti con bastoni e scariche elettriche, una volta rinchiusi in prigione. Una pratica barbara, condannata dall’ONU e dai 146 Paesi che hanno firmato la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Una pratica, contro la quale si celebra oggi la Giornata mondiale contro il reato di tortura. E in Italia, dove la tortura non dovrebbe esistere? Ne parliamo con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International.
In Italia non esiste ancora una legge contro il reato di tortura…
Dopo 26 anni di ritardo rispetto all’obbligo assunto con la ratifica della Convenzione Onu contro la tortura, la Camera si appresta a esaminare un testo approvato dal Senato. Nel frattempo, l’assenza del reato ha prodotto effetti negativi di non secondaria importanza: pene inferiori rispetto alla gravità del reato commesso, prescrizione, sensazione che in fondo non sia accaduto nulla di particolarmente grave. In Italia, che tortura vi sia stata è scritto nero su bianco nelle sentenze su Bolzaneto (spiega in due parole di cosa si è trattato); se il reato fosse stato presente nel codice penale, probabilmente altre sentenze vi avrebbero fatto riferimento. Più in generale, l’assenza di provvedimenti nei confronti degli autori di tortura ha indirettamente promosso un messaggio d’impunità.
Che cosa prevede il testo presentato alla Camera? Quali sono i punti di forza e di debolezza della proposta di legge?
Equipara il reato di tortura a un reato comune con aggravante se commesso da pubblico ufficiale. E’ un testo non perfetto e dunque non ulteriormente modificabile in negativo. La sensazione è che si cerchi in tutti i modi di sollevare le forze di polizia da uno – del tutto indimostrabile – stigma che cadrebbe sul corpo nel suo complesso, qualora il reato fosse descritto come “specifico”, ossia commesso solo da pubblico ufficiale.
Il reato di tortura è un problema che riguarda l’Europa intera, così come il sovraffollamento carcerario e le gravi condizioni dei detenuti.
In Europa la tortura costituisce un’eccezione piuttosto che la regola e resta un problema (soprattutto considerando che tende a colpire persone già in condizioni di vulnerabilità, come i cittadini stranieri) che chiediamo alla presidenza italiana dell’Unione di affrontare. In alcuni casi, le condizioni detentive costituiscono un trattamento crudele, disumano e degradante (Vox ha trattato la questione del sovraffollamento carcerario qui: http://www.voxdiritti.it/?p=2810).
Quali sono le battaglie che Amnesty sta portando avanti?
Abbiamo lanciato, 30 anni dopo l’approvazione della relativa Convenzione, una nuova campagna contro la tortura per chiedere agli Stati di porre definitivamente al bando la tortura. Stiamo concentrando le nostre azioni su casi e Paesi specifici (Marocco, Messico e Uzbekistan) ma non perdiamo di vista, con manifestazioni, incontri istituzionali e appelli online sul sito www.amnesty.it la portata e la gravità globali di questa terribile violazione dei diritti umani.
Foto: www.eatip.org
Amnesty International è da sempre impegnata a svolgere attività di ricerca e azioni finalizzate a prevenire e a eliminare i gravi abusi dei diritti che avvengono nel mondo, come il reato di tortura. Ecco le campagne che Amnesty sta sostenendo per porre fine a tale abominio:
www.amnesty.it/stoptortura
www.amnesty.it/stoptortura/italia-reato