‘Uscire dalla violenza si può’ come sostiene l’associazione ‘SVS Donna aiuta donna’, che sostiene le vittime di violenze. Grazie al contributo gratuito di medici, ginecologici, psicologi, assistenti sociali e avvocati. Per Vox, abbiamo intervistato Francesca Negri, avvocato.
Che cosa deve fare una donna quando si ritrova vittima di violenza?
“Dipende dal tipo di violenza che ha subìto. Se la vittima riporta delle lesioni e quindi ha subìto una violenza fisica, deve recarsi tempestivamente in una struttura ospedaliera. Molto spesso, per vergogna o per timore di un giudizio del personale ospedaliero, si preferisce auto-medicarsi in casa, sottovalutando magari la gravità delle ferite. Invece, andare al pronto soccorso serve anche per ricevere il certificato medico, che attesta la violenza subita. Quando le violenze sono di tipo psicologico, la vittima può rivolgersi ai centri anti-violenza presenti sul territorio, che offrono ogni tipo di sostegno. Noi di Svs Donna aiuta Donna, in particolar modo, forniamo assistenza legale, penale e civile, avvalendoci del patrocinio a spese dello Stato. La donna che decide di denunciare il proprio ‘carnefice’, infatti, ha spesso il timore delle conseguenze che possono derivare dalla sua decisione, soprattutto in presenza di figli. Per questo, crediamo che la nostra azione sia necessaria. Svs Donna aiuta Donna fornisce anche assistenza immediata, nel caso in cui una donna sia costretta a scappare di casa con i propri figli e non sappia dove andare. Attraverso i nostri contatti con le case di accoglienza, riusciamo a dare un alloggio di emergenza e un aiuto economico immediato. Infine, accompagnamo le vittime nel percorso di reinserimento sociale”.
Perché molte donne faticano a denunciare il loro compagno, o in generale l’uomo violento?
“Le cause sono molte e diverse. Abbiamo avuto casi di donne che hanno denunciato dopo 15-20 anni le violenze subìte. Molte donne dichiarano di restare con i loro uomini perché ritengono, erroneamente, che sia necessario restare insieme per il bene dei figli; oppure, perché non hanno l’autonomia economica necessaria per poter affrontare la separazione. Un altro motivo è legato al fatto che le violenze, soprattutto quelle psicologiche, sviliscono a tal punto la donna e la sua autostima, da indurla a non riuscire a reagire. Un fenomeno altrettanto diffuso è quello cosiddetto della ‘luna di miele’, dove le violenze si alternano a periodi di quiete coniugale. In questo caso, scatta nella donna la fiducia nel proprio partner e la convinzione che si sia trattato di episodi isolati. Nella maggioranza dei casi, purtroppo, non è così”.
Quali possono essere, secondo la vostra esperienza, le attività di sostegno e le politiche di prevenzione più efficaci?
“L’attività di prevenzione è fondamentale. Prevenire significa promuovere conoscenza e consapevolezza sul fenomeno attraverso corsi di formazione, a partire già dalle scuole elementari, per insegnare ai bambini e agli adolescenti che il rapporto tra uomo e donna deve basarsi sull’amore e sul rispetto reciproco. È importante anche attivare, come già si sta facendo, una rete di operatori ed esperti nei vari settori, per non far sentire le vittime sole e abbandonate”.
Foto: SVS DaD