Parlare di diritti in Italia dimenticandosi dell’Europa non è utile. Tra tutele e obblighi, è lì che infatti risiedono “gli strumenti più dettagliati e vincolanti per il nostro Paese”. L’Italia, maglia nera delle “sentenze non eseguite” e VOX è cosciente del fatto che “il cammino è ancora lungo”. Lo racconta Stefania Bariatti, docente di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi di Milano.
La tutela dei diritti a livello nazionale non può prescindere dal confronto con la protezione a essi garantita a livello internazionale e – per quanto riguarda l’Italia – europeo. La normativa interna, infatti, deve rispettare e coordinarsi con le norme e i principi internazionali, dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa, che ne costituiscono il parametro di legittimità esterna.
LA PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI E LA LOTTA CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Rilevano in primo luogo le norme di diritto internazionale consuetudinario e pattizio, in particolare le dichiarazioni adottate negli anni dall’Assembla generale delle Nazioni Unite e i vari patti e convenzioni dedicati alla protezione dei diritti umani e alla lotta contro le discriminazioni.
Si pensi, tra gli altri, alla Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo del 1948, al Patto sui diritti civili e politici, al Patto sui diritti economici, sociali e culturali, alle convenzioni per la lotta alle discriminazioni contro le donne, sui diritti del fanciullo, dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, nonché delle persone con disabilità.
Ma è soprattutto a livello europeo che troviamo gli strumenti più dettagliati e vincolanti per il nostro Paese. Innanzitutto, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (CEDU), che ha dato vita a un’imponente prassi della Commissione e della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Più recentemente, ma non in secondo piano, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è andata ad arricchire il novero degli atti vincolanti per gli Stati membri, sebbene limitatamente all’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Molti principi in essa consacrati facevano già parte dell’acquis comune, per effetto sia di norme specifiche dei Trattati o del diritto derivato, sia della giurisprudenza della Corte di giustizia, ed erano dunque già ampiamente noti.
Il confronto continuo con questi strumenti è di fondamentale importanza per il nostro legislatore, i nostri giudici e per tutti gli operatori del diritto al fine di garantire, attraverso il pieno godimento dei diritti tutelati, l’adempimento degli obblighi internazionali che gravano sullo Stato.
ITALIA: LA CONDANNA PIU’ ONEROSA
Purtroppo, come abbiamo letto di recente (Italia Oggi, 22 aprile 2013, p. 18), l’Italia è il Paese membro del Consiglio d’Europa che anche nel 2012 ha collezionato il numero più elevato di sentenze non eseguite e che è stato condannato ai maggiori indennizzi in termini di valore. Si riportano condanne per un totale di 120 milioni di Euro, la somma più alta mai inflitta a uno Stato membro, per effetto di tre risarcimenti molto rilevanti che da soli ammontano a 108 milioni.
Si tratta di una somma ingente, che in tempi di crisi sarebbe meglio destinare ad altri scopi sociali, andando così a beneficio di molti, cittadini e non. Ma anche senza queste condanne dovute a circostanze eccezionali, l’Italia si sarebbe posta al secondo posto dopo la Turchia, su 47 paesi, una posizione certo non invidiabile, che ci riempie di vergogna e deve farci riflettere.
Questi numeri dimostrano che il cammino è ancora molto lungo, che sono necessarie azioni coordinate a parte di tanti, come quella che sarà avviata attraverso VOX, e che il confronto con i parametri internazionali è indispensabile.
Stefania Bariatti