Il rapporto annuale pubblicato pochi giorni fa dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha rivelato che nel mondo sono 60 milioni le persone in fuga dai conflitti e dalle persecuzioni della loro terra. 8,3 milioni in più dell’anno scorso, 23 milioni più del 2005. Eppure, nonostante la Costituzione preveda la tutela della persona indipendentemente dalla razza, l’emergenza al centro del dibattito europeo di questi giorni sta portando alla luce uno spirito ostile verso chi sta vivendo un momento difficile senza alcuni tipo di tutela. In occasione della 15° Giornata Mondiale del Rifugiato, Marilisa D’Amico commenta per VOX il paradosso normativo che sta caratterizzando questo fenomeno. Che se da un lato intende tutelare gli individui a livello internazionale, dall’altro li costringe ad attraversare l’Europa in gravi condizioni di clandestinità.
Nell’ultimo periodo, troppo spesso, assistiamo a tragiche morti in mare di persone che hanno la sola colpa di scappare da guerre e violenze. Allo stesso modo, troppo spesso, si sente parlare di “chiusura delle frontiere”, o di “costruzione di muri” tra un paese e l’altro per risolvere quella che viene definita l’emergenza profughi.
Tutto ciò tocca nel profondo i nostri principi costituzionali, in particolare il principio personalista sancito dall’art. 2 della Costituzione. Principio che riconosce a tutti i diritti inviolabili dell’uomo, e non tollera distinzioni tra “persona” e “persona”. Specialmente se queste distinzioni sorgono solo a causa del semplice fatto di essere nati a nord o a sud del Mediterraneo.
La gravità della situazione ci impone una precisazione. Il principio personalista non tollera distinzioni nemmeno tra “morti” e “morti”. Anche i morti in mare non dovrebbero rimanere senza nome, ma essere identificati, rispettando così la storia personale di ognuno, quale fondamento della dignità umana.
Forse ci stiamo dimenticando lo spirito della nostra Costituzione, orientata ai principi di libertà, eguaglianza e solidarietà. I nostri costituenti, memori delle tragiche violazioni dei diritti perpetrate durante il fascismo e durante la guerra, hanno inciso nel testo costituzionale i diritti inviolabili dell’uomo, intesi come diritti “generalmente accettati e insopprimibili”, tra i quali rientra “il diritto di vivere e alla libertà interiore, che non ci può essere data e tolta da nessuno Governo… approdo supremo del proprio personale destino, che non può essere regolato né minacciato dalla legge” (On. Marchesi).
Il destino dei profughi, invece, sembra regolato da norme paradossali, che da un lato attribuiscono loro il diritto di protezione internazionale, ma dall’altro li costringono ad attraversare prima il mare, e poi l’Europa in condizioni di clandestinità.
Gli stessi diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione, che offre asilo “agli stranieri ai quali sia impedito l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana” (art. 10 Cost.), sembrano annegare nel mare, ultima frontiera dell’Europa fortezza.