Sono 27 milioni i bambini a rischio di povertà o di esclusione sociale in Europa: più 1 milione dal 2008. Questi, gli ultimi dati allarmanti diffusi dal rapporto di Save The Children, “Povertà ed esclusione sociale minorile in Europa: in gioco i diritti dei bambini”. Peggio dell’Italia solo Grecia, Ungheria e Lettonia. Il documento fa luce sulle pesanti conseguenze per bambini e adolescenti della crisi economica iniziata nel 2008 e fa appello alle istituzioni UE, perché vengano stabilite strategie e piani mirati per la riduzione della povertà minorile. Per Vox, il commento di Isabella Menichini, dirigente pubblico esperto di politiche e diritti sociali.
Lo scorso mese di aprile Save the Children ha pubblicato il primo Rapporto sulla povertà minorile in Europa: 27 milioni di bambini a rischio povertà (28%), 1 milione in più dal 2008, a causa della crisi e della mancata redistribuzione delle risorse. Save the Children si rivolge ai candidati alle elezioni europee, sottoponendo loro la drammatica situazione dei bambini e delle bambine – molti, troppi – che nei rispettivi Paesi vivono condizioni di forte deprivazione. Sarà anche colpa della prolungata crisi economica, ma certo in Europa non sembra salvarsi nessuno: non certamente il nostro Paese, dove vive in povertà il 33,8% dei minori. Ma la situazione è drammatica anche nei Paesi nordici, come Norvegia, Svezia, Danimarca, Germania, Olanda, Svizzera, dove è a rischio di povertà o esclusione una percentuale di popolazione minorile tra il 12 ed 19%. Peggio dei bambini italiani stanno i bambini greci, ungheresi e lettoni (tra 35 e 41%) e soprattutto quelli che vivono in Romania e Bulgaria, dove addirittura più della metà sono in povertà. Presentando il Rapporto, il direttore di Save the Children Italia, Valerio Neri, ha ricordato che i bambini e le bambine sono le prime vittime della crisi. Su di loro, infatti, si riverberano con particolare forza gli effetti che la crisi genera, in particolare per aspetti particolarmente importanti come il lavoro dei genitori e i servizi di welfare. Ma la povertà, ci ricorda Save the Children, non è soltanto economica. 1 bambino su 5 in Europa (1 su 4 in Italia) vive in condizioni abitative inadeguate e ha sempre meno possibilità di partecipare ad attività culturali, formative e ricreative con i suoi coetanei. La povertà quindi è strettamente correlata alle condizioni di salute e benessere, alla mancanza di opportunità, alla deprivazione.
Inoltre, la povertà è acuita dalla fortissima disuguaglianza che, come noto, è esplosa nel mondo occidentale (ma anche nei Paesi a forte crescita economica come India e Cina) e che pregiudica fortemente le possibilità per un minore di uscire dal circolo dello svantaggio. Solo per ricordare qualche dato: negli Stati Uniti, nel 2012, il 10% dei cittadini più ricchi possedeva il 50% della ricchezza nazionale; la disuguaglianza è aumentata, negli ultimi tre anni, molto più che nei dodici anni precedenti al 2010. L’Italia è tra i Paesi europei che registrano le maggiori disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, seconda solo al Regno Unito, e con livelli di disparità superiori alla media dei Paesi Ocse: in Italia più che in altri Paesi gli estremi si allontanano, i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E la ricchezza è sempre più concentrata nelle fasce di popolazione anziana, a scapito delle giovani generazioni. Per il Censis: «Chi più aveva più ha avuto!» In questo contesto vivono e crescono i nostri piccoli. Save The Children, nel suo rapporto, elenca alcune proposte per i nuovi leader delle istituzioni europee. A partire dall’esigenza di implementare in tutti i Paesi UE la Raccomandazione della Commissione Europea del 2013 “Investing in Children: breaking the cycle of disadvantage”, con l’adozione di piani di azione per il contrasto e la prevenzione della povertà e per l’annullamento delle disuguaglianze.
Il tema della povertà minorile è stato costantemente richiamato dalle istituzioni europee nel quadro della Strategia per combattere l’esclusione sociale. Da ultimo, nel 2013 la Commissione ha ribadito l’importanza di affrontare precocemente le condizioni di svantaggio e di povertà dei minori: occorre attivare politiche di prevenzione integrate che aggrediscano da un lato la questione dei sostegni alle famiglie, l’accesso e la permanenza nel mercato del lavoro dei genitori, e dall’altro favoriscano lo sviluppo di una rete adeguata di servizi – sociali, sanitari, abitativi – e ovviamente di servizi educativi attivi a partire dai livelli prescolastici. La Raccomandazione europea ricorda che le migliori politiche per i minori sono quelle orientate al benessere, all’agio, alla promozione dei diritti, alle pari opportunità. Rompere la trasmissione della povertà e dell’esclusione sociale tra le generazioni, tra genitori e figli è possibile solo con politiche che promuovano le pari opportunità, superando cosi sin dai primi anni di vita il divario tra le condizioni di partenza che i diversi contesti famigliari offrono e consentendo a tutti i piccoli di poter esprimere e valorizzare le loro potenzialità. La strategia europea 2020 si è data l’obiettivo di ridurre le condizioni di povertà per almeno 20milioni di persone: la riduzione delle condizioni di povertà ed esclusione sociale per i più giovani rappresenta un pilastro fondamentale dell’intera strategia. Naturalmente un ruolo primario è affidato ai sistemi educativi. Non a caso Save the Children ha deciso di lanciare “Illuminiamo il futuro”, una grande campagna per far conoscere e affrontare la povertà educativa, che sta privando i bambini e gli adolescenti, nei quartieri svantaggiati di molte città italiane, di tutte le opportunità di crescita formativa e culturale. Nell’area dell’educazione la Raccomandazione riserva particolare enfasi allo sviluppo di nuove strategie per favorire la scolarizzazione precoce: per ridurre i tassi di abbandono scolastico, solo considerando questi come veri e propri investimenti sociali sarà possibile dargli una rilevanza nuova nel sistema di politiche pubbliche che devono incidere precocemente e preventivamente per rompere il ciclo dello svantaggio.
Un ultimo aspetto non secondario. Si riconosce in Europa – come già in Italia -la necessità di ripartire dai genitori, aiutandoli e sostenendoli nello svolgimento delle loro responsabilità verso i figli: nei decenni passati si è forse fatto troppo spesso ricorso all’allontanamento dei minori dalle famiglie nei casi di difficoltà. Fermo restando il dovere primario delle istituzioni di proteggere e tutelare qualsiasi bambino esposto a rischi nei contesti famigliari, è tuttavia cruciale rimettere al centro delle politiche per i minori le famiglie nel loro complesso, puntando alla ricostituzione del tessuto relazionale affettivo, all’empowerment dei genitori e facendo in modo che gli interventi sociali siano innanzitutto orientati ad accrescere le capacità genitoriali.
La situazione in Italia
Prima di concludere, uno sguardo rapido alla povertà in Italia e all’impatto sulle generazioni più giovani. La lunga crisi economica ha fatto raddoppiare i poveri nel nostro Paese: oggi vivono in povertà assoluta 4,8 milioni di persone, pari all’8% del totale, mentre nel 2007 erano 2,4 milioni, cioè il 4,1%. Se consideriamo le famiglie coinvolte, l’aumento – nel medesimo periodo – va dal 4,1%, pari a 0,97 milioni di nuclei, al 6,8%, pari ad 1,7 milioni. Guardando all’interno delle famiglie si rileva che nelle famiglie con una persona di riferimento, fino a 34 anni l’aumento è decisamente superiore rispetto a quelle con persona di riferimento di 65 anni e oltre. Infine, mentre nel 2007 la scelta di fare figli non incrementava la probabilità di cadere in povertà, oggi la fragilità delle famiglie con tre o più figli minori è aumentata, e rappresenta uno dei segmenti della società italiana a maggiore incidenza di povertà assoluta (17,1%). La crisi ha portato la povertà assoluta anche tra le famiglie con 1 o 2 figli: sono passate dal 3,8% al 10,0%. E in questo quadro tanto drammatico abbiamo assistito al taglio profondo dei fondi nazionali dedicati al sociale: proprio quando per garantire i diritti dei più piccoli e per assicurare pari opportunità anche a chi cresce in una famiglia più svantaggiata si sarebbero dovuto aumentare le risorse! Una parte importante dei tagli ai fondi sociali ha riguardato i fondi diretti e indiretti destinanti ai minori: quello destinato ad esempio agli asili nido è stato soppresso, oppure Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS) – per il circa il 40% dedicato ai servizi per la prima infanzia, i minorenni e le famiglie è stato gradualmente ridotto dai 518 milioni di euro del 2009 a circa 10 milioni nel 2012. Anche i Fondi per la famiglia, le Pari Opportunità e per le Politiche giovanili sono stati fortemente ridimensionati dal 2009. Difficile in questo contesto assicurare una crescita ed uno sviluppo armonioso e di benessere ai nostri concittadini più piccoli.