Fin dall’inizio della pandemia da Covid-19 si sono avuti effetti concreti, attraverso comportamenti sociali, motivati dalle cosiddette Fake News.
Nonostante il termine inglese, il fenomeno è assai datato, nato probabilmente intorno alla figura di Napoleone, o per lo meno quel periodo è il primo durante il quale si iniziano a riconoscere e documentare le fake news e le loro conseguenze.
Molto è anche stato detto circa le dinamiche, che permettono la diffusione e la condivisione di contenuti falsi e sebbene il terreno fertile delle fake news siano i social network, la narrativa e la comunicazione del Covid-19 ha dimostrato che anche i media tradizionali non ne sono esenti.
Esistono infatti, molti modi diversi per veicolare informazioni non veritiere, fra i quali: la propaganda, la disinformazione e la guerra dell’informazione. Quest’ultimo rappresenta lo scenario all’interno del quale, le attuali società post–moderne si stanno muovendo e nel quale vengono colpiti tutti gli ambiti della vita sociale e pubblica delle persone.
Siano esse una pratica strategica volontaria finalizzata allo sfruttamento delle vulnerabilità del pubblico o una mera incomprensione, le fake news diventano dannose e pericolose per la realtà distorta che descrivono e sulla quale si costruisce la percezione del pubblico. In particolare, le fake news si caratterizzano per l’utilizzo di dinamiche manipolatorie o ingannevoli, che possono distorcere il contenuto della notizia, il contesto nel quale viene ricondotta o entrambi.
Gli effetti che si vengono a determinare in seguito alla circolazione di una fake news sono vari e dipendono dalle caratteristiche del pubblico, dalle modalità con il quale il contenuto è stato costruito, ma anche il contesto nel quale il messaggio è stato originato: il tema dell’ecosistema comunicativo assume qui una rilevanza specifica, per la comprensione delle dinamiche fra messaggio, contenuto e fruitore.
Analizzando il fenomeno relativo alla pandemia da Covid-19, diventa interessante sottolineare lo sviluppo di molteplici e non coordinate iniziative di contrasto da parte di agenzie mediatiche, singoli quotidiani, social network: un ambiente talmente variegato, con strumenti spesso simili, da creare non poca confusione in chi cerca di farsi un’idea su un tema così sensibile, quale quello della attuale pandemia.
Lo stesso risultato è stato notato anche per le campagne di narrative alternative e di contrasto a differenti forme di estremismo violento, che hanno messo in evidenza quanto la mancanza di coordinamento, la ridondanza nei contenuti, siano spesso stati i fattori principali di scarsa efficacia di questi strumenti.
Come si diceva, riconoscendo la rilevanza del fenomeno fake news legato alla gestione della pandemia in corso, si è però notato un proliferare di iniziative promosse per un fact checking personale, per la creazione e il sostegno di una capacità di analisi e critica, che trovano però la loro vulnerabilità nel poco coordinamento esistente fra loro e nella promozione di circoli viziosi, continuamente focalizzati sul controllo della notizia.
Quello che si pensa necessario, è la creazione di linee guida che le varie agenzie comunicative possano utilizzare per la creazione di un senso comune, sempre essenziale per la gestione efficace di una crisi di qualsiasi natura essa sia.
Un discorso invece diverso andrebbe affrontato per quanto riguarda i social network, i quali richiedono un monitoraggio permanente in modo da arginare comportamenti e utilizzi non in linea con la veridicità delle notizie.
Da ultimo, il tema così attuale delle fake news andrebbe ulteriormente sviluppato con particolare riferimento alla disciplina del crisis management e alle implicazioni di risposta alla crisi, che esso comporta: infatti, dalla circolazione di notizie e dalla loro qualità, dipende la resilienza della società e la capacità, a differenti livelli, di rispondere in modo appropriato ad una crisi.
Di Barbara Lucini, sociologa