Cittadinanza più rapida per i bambini stranieri; ius culturae (per chi conclude un ciclo scolastico) e ius soli temperato (legato alla permanenza dei genitori su suolo italiano) come nuove forme di accesso al diritto di cittadinanza. Sono queste, le proposte alla base del disegno di legge sulla cittadinanza ora fermo al Senato. In Italia, infatti, sono quasi 4 milioni i cittadini stranieri. Il 3% in più rispetto solo allo scorso anno. Per Vox, il commento di Isabella Menichini, dirigente pubblico esperto di politiche e diritti sociali.
L’Italia, lo sappiamo bene, è un Paese che ha gli occhi sempre rivolti al passato più che al futuro. Ma questo è particolarmente vero quando parliamo di diritti civili.
Una legge, la numero 91 del 1992 (qui il testo completo), scritta con lo “sguardo rivolto all’indietro”, come correttamente commentato da Giovanna Zincone – una delle massime esperte italiane in tema di immigrazione – nel Primo Rapporto sull’Integrazione del 1999. “In Italia – scriveva allora Zincone – con la legge del 1992 siamo andati controcorrente. La nuova legge sulla cittadinanza ha aumentato da 5 a 10 gli anni di residenza richiesti per poter fare domanda di naturalizzazione – la cui accettazione rimane tuttora legata a criteri di discrezionalità”.
Passi in avanti da allora, sotto il profilo normativo, non se ne sono visti. La legge italiana sulla cittadinanza, diversamente da quanto avviene in molti paesi europei, è una legge fondata sul principio di trasmissione per ius sanguinis – e non per ius soli – quindi da genitori a figli. Una legge, scritta per rafforzare i legami tra il nostro Paese e gli italiani che vivono – magari da decenni – all’estero, quando addirittura all’estero non ci sono nati.
Secondo l’articolo 1 della suddetta legge è cittadino per nascita:
- a) il figlio di padre o di madre cittadini italiani;
- b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono; 2. è considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.
Quindi, una legge per la cittadinanza approvata nel 1992 guardando all’Italia come ad un Paese di emigrazione, senza tener conto che proprio in quegli anni il nostro Paese stava cambiando la sua vocazione: da terra di emigrazione, a polo di attrazione di flussi migratori. Tanto l’Italia “cambiò verso” in un lasso di tempo così breve, che da un numero di presenze straniere di poco superiore al milione nell’Anno 2000 – con un ritmo di crescita di presenze pari a circa l’8% – ai nostri giorni l’ISTAT registra regolarmente presenti in Italia 3.874.726 cittadini non comunitari con un incremento tra il 2013 e il 2014 del 3%. I minori presenti in Italia costituiscono il 23,9% degli stranieri: sono stati registrati al all’inizio di questo anno nuovi nati 77.638. Della popolazione straniera, infine, circa la metà è rappresentata dalle donne anche se la componente femminile è tradizionalmente molto variabile a seconda delle collettività di riferimento.
Non altrettanto immobile invece è stato da allora ad oggi il movimento culturale, la presa di coscienza e di posizione di tante associazioni e istituzioni: un’onda crescente intorno al tema della cittadinanza, con un’attenzione forte sul tema della cittadinanza per le nuove generazioni di stranieri: le seconde – se non addirittura terze generazioni – di immigrati, ragazzi e ragazze, bambine e bambini che pur essendo nati nel nostro Paese non sono cittadini italiani a tutti gli effetti. L’articolo 4 della legge 91 consente infatti loro di accedere al diritto di cittadinanza italiana, solo se in grado di dimostrare di aver risieduto “legalmente senza interruzioni fino alla maggiore età”.
Oggi la riforma della legge sulla cittadinanza, che consentirebbe a queste persone di godere pienamente dei diritti di cittadinanza, è bloccata in Senato e rischia di non essere approvata prima della fine della legislatura.
Insieme a Vox vigiliamo e aderiamo allo sciopero lanciato da Parlamentari e insegnanti per chiederne l’approvazione immediata.