Difensore globale dei diritti umani, Stuart Milk è impegnato nel mondo per portare avanti la missione e la voce dello zio Harvey, il primo americano apertamente omosessuale a venire eletto consigliere nel Comune di San Francisco. Cofondatore e presidente della Fondazione Harvey Milk, Stuart Milk è al fianco del Presidente Obama nella battaglia globale per l’inclusione piena delle differenze. Gli abbiamo chiesto il perché di una battaglia globale per i diritti e il senso del Gay Pride oggi.
La tua biografia dice che sei un attivista globale dei diritti. Per quale motivo pensi sia importante lavorare a livello globale per uguaglianza e diritti?
Nel 1985 a Nairobi ho avuto la fortuna di partecipare ad una conferenza. In quest’occasione un’attivista aborigena australiana ha esordito con una frase che penso sia perfetta per rispondere a questa domanda. ‘Se siete venuti qui oggi per aiutare me, allora non abbiamo nulla da dirci’ ha esordito ‘se invece siete qui perché avete ben presente che l’ingiustizia di cui soffro io è strettamente connessa con quella di cui soffrite voi, allora possiamo parlare’. Penso che questo sia lo spirito giusto, come diceva Martin Luther King: ‘un’ingiustizia in ogni luogo, è un’ingiustizia ovunque’.
In Italia oggi stiamo combattendo per una legge che protegga le persone LGBT dalle violenze di cui possono essere vittime. Cosa ne pensi e come rispondi a chi dice che il Gay Pride non è importante?
Il messaggio di mio zio è sempre stato in favore dell’uguaglianza e dell’autenticità. Essere chi si è, senza indossare maschere. Fare coming out per gli omosessuali è una scelta quotidiana. Siamo una minoranza che può scegliere di scomparire oppure può essere quello che Harvey Milk definiva una medicina per il mondo, anche se il mondo non sa di averne bisogno. Il Gay Pride è quindi un momento di celebrazione e non di tolleranza, di completa inclusione. Sentirsi sicuri, anche grazie a una legge che protegga, è un primo passo.
Avrai certamente sentito le recenti esternazioni di Papa Francesco sull’omosessualità. Che cosa ne pensi?
Certo, credo si tratti di un passo avanti. Ma a mio parere non basta. Credo siano maturi i tempi perchè il Pontefice ammetta finalmente che la Chiesa ha sbagliato e per chiedere scusa per tutti i giudizi di condanna che la Chiesa ha diffuso nel mondo. Ogni settimana da molti pulpiti si levano parole d’odio e sono molti i giovani LGBT che si sono tolti la vita per questo.