Esce la settima edizione della Mappa voluta da VOX – Osservatorio Italiano sui Diritti, che fotografa l’odio via social.
I risultati? L’odio online si radicalizza, si fa più intenso, più polarizzato. Appare evidente il ruolo di alcuni mass media tradizionali nell’orientare lo scoppio di “epidemie” di intolleranza. Tra le categorie più colpite, le donne ancora al primo posto, seguite dalle persone con disabilità e dalle persone omosessuali, tornate, dopo anni, nel centro del mirino.
Esce la settima edizione della Mappa dell’Intolleranza, il progetto ideato da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, in collaborazione con l’Università Statale di Milano, l’Università di Bari Aldo Moro, Sapienza – Università di Roma e IT’STIME dell’Università Cattolica di Milano.
Al suo settimo anno di rilevazione, la mappatura consente l’estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili e mira a identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa – secondo 6 gruppi: donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani – cercando di rilevare il sentimento che anima le communities online, ritenute significative per la garanzia di anonimato che spesso offrono e per l’interattività che garantiscono.
Nel 2022 la rilevazione, che ha riguardato il periodo gennaio-ottobre, ha attraversato un periodo di forti turbolenze, segnate dalla guerra in Ucraina, dalla crisi energetica, dalle elezioni politiche, con un cambio di governo, e dall’inflazione: così anche quest’anno ansie, paure, difficoltà si sono affastellate nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti. Un dato su tutti fotografa al meglio la realtà che oggi rappresenta l’odio online e il ruolo di cinghia di trasmissione che i social svolgono tra i mass media tradizionali, la politica e alcune sacche di forte malcontento, che trovano sfogo ed espressione proprio nelle praterie dei social. La forte polarizzazione rappresentata dall’aumento evidente e notevolissimo delle percentuali dei tweet negativi a fronte del totale dei tweet rilevati. Il che indica una maggiore radicalizzazione dei discorsi d’odio. Fenomeno, questo, già registrato nella rilevazione dello scorso anno, ma quest’anno decisamente esploso. Ad oggi stiamo dunque assistendo a una verticalizzazione del fenomeno di odio online, per il quale la diffusività iniziale ha lasciato il posto a un modello di dinamiche sociali sempre più incisive e polarizzate. A un allargamento delle possibilità di scelta delle piattaforme social, corrisponde una selettività maggiore di messaggi di esclusione, intolleranza e discriminazione. In relazione a questi aspetti, risulta utile sottolineare il ruolo giocato dai mass media tradizionali nell’orientare e influenzare questa tipologia di comunicazione e narrativa. A questo proposito, si ritiene utile e necessaria una riflessione futura di più ampio respiro sulla consapevolezza di questo ruolo e delle sue implicazioni sociali. Altro elemento emerso riguarda il podio delle categorie prese di mira: le donne, le persone con disabilità, le persone omosessuali. Riguardo proprio alle persone omosessuali vale la pena rilevare che l’odio nei loro confronti si era progressivamente attenuato negli anni, fino a rappresentare una percentuale minima sul totale. Negli anni, lo stesso discorso vale per le persone con disabilità. Appare dunque evidente che una delle connotazioni dell’odio online rilevate dalla Mappa n.7 è una forte concentrazione sui diritti della persona, sia essa donna, gay o disabile.
A tal proposito, emerge sempre di più la necessità di educare all’uso dei social network e di ripensare le relazioni fra mass media, piattaforme social e utenti, al fine di prevenire forme sempre più radicali di odio, che possono superare i confini della dimensione online e tradursi in atti concreti come i femminicidi o i sempre più frequenti attacchi di bullismo.
Andando ai dati, una considerazione preliminare: gli stessi sono da leggersi anche alla luce dei due diversi algoritmi utilizzati per la rilevazione del sentiment. Quest’anno ci sono state varie modifiche, anche nella “ripulitura” dei tweet semanticamente ambigui. I risultati dunque dovrebbero essere più fedeli, ma non sono totalmente sovrapponibili con gli anni precedenti.
In ogni caso, volendo tentare un confronto, nel corso della rilevazione del 2021 (periodo gennaio-ottobre) erano stati raccolti un totale di 797.326 tweet dei quali 550.277 negativi (il 69% circa vs. 31% positivi). Nella rilevazione del 2022 invece (periodo gennaio-ottobre), sono stati raccolti 629.151 tweet dei quali 583.067 negativi (il 93% circa vs. 7% positivi). Come già si evidenziava, sono stati rilevati meno tweet semanticamente centrati, ma il segno negativo è forte e predominante sul totale, segno evidente di una radicalizzazione del fenomeno. In tutti i cluster la percentuale di tweet negativi è più alta rispetto alla percentuale di tweet positivi. Maggiore radicalizzazione, odio generalizzato contro le donne e contro i diritti della persona, spostamento semantico nella costruzione del linguaggio d’odio: questi, i fattori chiave della rivelazione 2022.
I RISULTATI
Da gennaio a ottobre 2022, sono stati estratti 629.151 tweet dei quali 583.067 negativi (il 93% circa vs. 7% positivi), nel 2021 invece sono stati estratti 797.326 tweet dei quali 550.277 negativi (il 69% circa vs. 31% positivi).
I tweet sono stati geolocalizzati, dando come risultato le ormai note cartine termografiche dell’Italia. Quanto più “caldo”, cioè vicino al rosso, è il colore della mappa termografica rilevata, tanto più alto è il livello di intolleranza rispetto a una particolare dimensione in quella zona. Aree prive di intensità termografiche non indicano assenza di tweet discriminatori, ma luoghi che mostrano una percentuale più bassa di tweet negativi rispetto alla media nazionale. Entrando più nel dettaglio, si evidenzia una redistribuzione dei cluster più colpiti. Nel 2022 al primo posto svettano le donne (43,21%), seguite da persone con disabilità (33,95%), persone omosessuali (8,78%), migranti (7,33%), ebrei (6,58%) e islamici (0,15%). A fronte di un 2021, che vedeva una diversa distribuzione: donne (43,70%,), seguite da islamici (19,57%), persone con disabilità (16,43%), ebrei (7,60%), persone omosessuali (7,09%) e migranti (5,61%). Analizzando i dati dei singoli cluster, un altro elemento significativo che emerge è che, come accennato, in tutti i cluster la percentuale di tweet negativi è più alta rispetto alla percentuale di tweet positivi (disabili: 98,8% negativi vs. 1,2% positivi; omosessuali: 94,1% negativi vs. 5,9% positivi; ebrei: 97,7% negativi vs. 2,3% positivi; donne: 89,9% negativi vs. 10,1% positivi; islamici: 99,9% negativi vs. 0,1% positivi; xenofobia: 79,2% negativi vs. 20,8% positivi).
I PICCHI
In generale, i picchi più alti di odio si sono avuti:
• Contro le donne, in occasione dell’elezione di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio e della sua scelta di usare il maschile per il suo titolo. Drammatica, la concomitanza dei picchi d’odio con i femminicidi, come purtroppo le rilevazioni della Mappa dell’Intolleranza evidenziano da anni.
• Contro le persone con disabilità, in concomitanza con un’omelia di papa Francesco che invitava a considerare la disabilità una sfida per costruire insieme una società più inclusiva. E in seguito alla notizia di un taxista veronese, rifiutatosi di prendere a bordo un disabile.
• Nei riguardi delle persone omosessuali, in occasione del monologo di Checco Zalone al festival di Sanremo, che ha raccontato una favola LGBTQ, e in generale in concomitanza con aggressioni omofobe.
• Contro i migranti, in occasione degli sbarchi e dei discorsi di papa Francesco improntati all’accoglienza e all’inclusione.
• Contro gli ebrei, in occasione della Giornata della Memoria e ogni qualvolta si verifichino aggressioni contro ebrei, di stampo antisemita.
• Contro i musulmani, in occasione della sentenza per l’attentato a Parigi al Bataclan e dell’uccisione in Siria da parte degli americani di due dirigenti dell’Isis.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI TWEET DI ODIO
Le maggiori concentrazioni di discorsi d’odio e discriminatori si sono registrate:
Antisemitismo: Nord Italia e nel Lazio.
Islamofobia: Piemonte, Nord Est ed Emilia.
Misoginia: Centro Nord, Centro e Centro Sud. In particolare, Bologna, Terni, Roma, Caserta.
Omofobia: Tutto il Nord e soprattutto nel veronese, Calabria.
Xenofobia: Nord Est e alto Lazio, con forte concentrazione a Roma. Puglia.
Disabilità: Nord Ovest, Emilia e Toscana.
COME È STATA COSTRUITA LA MAPPA
La prima fase del lavoro ha riguardato l’identificazione dei diritti, il mancato rispetto dei quali incide sul tessuto connettivo sociale: questa fase è stata seguita dal dipartimento di Diritto Pubblico italiano e sovranazionale dell’Università degli Studi di Milano; la seconda fase si è concentrata sull’elaborazione di una serie di parole “sensibili”, correlate con l’emozione che si vuole analizzare e la loro contestualizzazione: questo lavoro è stato svolto dai ricercatori del dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica della Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma, specializzati nello studio dell’identità di genere e nell’indagare i sentimenti collettivi che si esprimono in rete. Nella terza fase si è svolta la mappatura vera e propria dei tweet, grazie a un software progettato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Bari, una piattaforma di Social Network Analytics & Sentiment Analysis, che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per comprendere la semantica del testo e individuare ed estrarre i contenuti richiesti. I dati raccolti sono stati poi analizzati ed elaborati da un punto di vista sociologico, dai ricercatori del team di ItsTime, Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies, centro di ricerca che fa capo al Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano. Ulteriore fattore di analisi è stato poi il livello di aggressività. Il software è stato “istruito” per estrarre i tweet più aggressivi, evidenziandone il livello di virulenza: la valutazione è stata orientata dalle categorie utilizzate dalla scala MOAS (Modified Overt Aggression Scale). Il progetto Mappa dell’Intolleranza, è stato messo a punto con il contributo di 4 università (Dipartimento di Diritto pubblico, italiano e sovranazionale – Università’ degli Studi di Milano, Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica – Università Sapienza di Roma, Dipartimento di Informatica – Università Aldo Moro di Bari, Centro Itstime – Università Cattolica di Milano). E da anni entra nelle scuole con progetti specifici contro lo hate speech e il cyberbullismo. La Mappa dell’Intolleranza è soprattutto un progetto di prevenzione, pensato per amministrazioni locali, scuole, associazioni che lavorano sul territorio. Per chiunque abbia bisogno di strumenti adeguati e mezzi di interpretazione di realtà sempre meno codificabili, per combattere l’odio e l’intolleranza. Per chiunque pensi che tutti noi abbiamo bisogno di nutrire la cultura del dialogo.