La parità di genere non si limita ai numeri: in Italia donne e uomini avvocato possono essere di pari numero ma la distanza “effettiva e rappresentativa” resta notevole. VOX auspica una “fondamentale conquista di civiltà” e con l’avvocato Ilaria Livigni analizza i primi passi avanti della Commissione Pari Opportunità istituita presso il Consiglio Nazionale Forense e da lei presieduta a Milano.
Il numero delle avvocate è sensibilmente aumentato a partire dagli inizi degli anni ottanta: un esempio su tutti, presso l’Ordine degli Avvocati di Milano, oggi su 20.000 iscritti all’Albo, praticanti compresi, vi è una sostanziale parità numerica fra uomini e donne.
Tuttavia, a tale parità numerica non corrisponde affatto una parità effettiva e rappresentativa.
L’esigua presenza delle avvocate ai vertici degli organi istituzionali della classe forense rappresenta il vero vulnus che fa sì che non si possa davvero parlare, oggi, di equilibrio di genere nell’avvocatura.
Dati recenti del Consiglio Nazionale Forense riferiscono la presenza di solo 15 Presidenti donne degli Ordini Avvocati su 165 Ordini Forensi, di sole 3 consigliere su 9 componenti nella Giunta dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura e di 2 uniche consigliere su 26 al Consiglio Nazionale Forense.
Anche in Cassa Forense, il cui Comitato Delegati è composto da 80 avvocati, la presenza delle donne è minima con solo 10 componenti e di un’unica che siede nel Consiglio di Amministrazione.
Meglio rappresentata la componente femminile nell’Associazione Italiana Giovani Avvocati in cui, su 15 componenti, 5 sono donne.
Pertanto, sotto il profilo della rappresentanza delle donne negli organi dell’avvocatura, si deve registrare il dato secondo cui le avvocate, pur avendo un alto grado di preparazione e professionalità, non riescono ad entrare nelle stanze decisionali e vengono, in genere, escluse dai luoghi e ruoli di potere e di rappresentanza.
E’ quindi importante analizzare le motivazioni possibili che determinano questo vulnus di effettiva rappresentatività.
In alcuni casi, si verifica un rifiuto da parte delle donne professioniste a occupare posizioni di vertice e di responsabilità, non condividendo gli stili di leadership troppo competitivi e direttivi.
In altri casi, le donne non hanno alcun ostacolo diretto che impedisce loro di arrivare ai vertici, ma si devono adeguare ad una cultura del lavoro che richiede dedizione totale di tempo e di concentrazione professionale, con conseguente discapito degli impegni familiari e personali.
Nel mondo dell’avvocatura, abbiamo assistito a sensibili passi avanti in tema di parità di genere nelle Istituzioni forensi, giungendo a risultati che fino a pochi anni fa sembravano impensati e che sono stati frutto di duro lavoro di alcune componenti sensibili delle varie forze politiche, veicolate, tecnicamente, tra gli altri, dalla Commissione Pari Opportunità istituita presso il Consiglio Nazionale Forense.
In data 18 gennaio 2013 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la Legge n.247 del 2012, “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”, approvata a fine dicembre 2012, dopo un iter parlamentare molto travagliato e complesso durato, tra corsi e ricorsi, diversi anni.
In tale normativa, vengono, tra le altre, stabilite le norme in tema di Comitati Pari Opportunità presso gli Ordini Circondariali, di elezioni e di composizione delle liste elettorali per il riparto di genere nell’accesso ai Consigli degli Ordini circondariali, al Consiglio Nazionale Forense ed al Consiglio Distrettuale di Disciplina.
Pur non soffermandoci sulla complessa riforma, che ha luci ed ombre da un punto di vista applicativo, un dato risalta su tutti: sia i neonati Consigli distrettuali di disciplina, sia i Consigli dell’Ordine e non ultimo il Consiglio Nazionale Forense dovranno essere costituiti con il rispetto dell’equilibrio di genere, la cui attuazione sarà oggetto di specifica valutazione concreta.
Insomma, davvero possiamo conclusivamente affermare che il nostro Paese, in tema di equilibrio tra componente maschile e femminile nel mondo del lavoro e delle libere professioni, ha ancora molta strada da fare, ma qualche piccolo passo sembra muoversi, sia a livello normativo sia nella prassi, verso una fondamentale conquista di civiltà.
Ilaria Livigni