Autostima. Lavoro. Coraggio. Bisogna partire da qui, per dire no all’odio che si scatena contro le donne (e che miete sempre più vittime). Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 novembre, una riflessione di Vox.
Il bollettino di guerra recita, impietoso, la sua lunga sfilza di disperazione. Ogni due giorni, viene uccisa una donna. Almeno una volta nella sua vita, il 70% delle donne ha subito violenza. 7 donne su 10, tra le vittime, sono perseguitate dai loro mariti/ compagni/ amanti. E come vengono uccise le donne quando la rabbia e l’odio maschile tracimano e travalicano i confini che tracciano la capacità di “restare umani”, come diceva Don Gallo? A mani nude, per lo più. Ma poi, anche con pistole, fucili, lupare, e pugnali, coltelli, coltellacci.
A mani nude, per lo più.
Siamo in guerra? Siamo certamente in una fase storica inquietante, almeno per quel che riguarda il vissuto e l’incolumità delle donne. Che lo sguardo si posi sugli angusti confini nazionali, o che si alzi e si diriga verso le più disparate aree del mondo (non solo quelle della più feroce intransigenza islamica), le donne sono sempre di più vittime. Picchiate, stuprate, uccise. Sono vittime perché gli uomini hanno paura. E quindi, odiano. Quando un cane abbaia e ringhia e rizza il pelo, è perché sente avvicinarsi il pericolo. È istinto, lo sappiamo.
Gli uomini hanno paura perché le donne stanno conquistando un’autonomia, che è inedita nella storia. Studiano, per esempio. Votano, anche (un diritto, che in Italia abbiamo ottenuto solo nel 1945): e per votare, si sa, bisogna avere ed esprimere opinioni. E insomma non si accontentano più di vivere all’ombra dei propri mariti/ compagni/ amanti. Ma soprattutto le donne oggi lavorano. Molte di loro, almeno. E quando le donne lavorano, fanno girare il mondo. Perché si alza il Pil, perché ci mettono grinta ed entusiasmo, perché lavorano di fantasia. Così, erodono certezze e potere maschili. Escono dal confino della casa e si scavano la loro autonomia: che è prima di tutto economica, ma che diventa anche immediatamente autonomia di scelte e di prospettive di vita. Ecco, gli uomini hanno paura quando le donne possono decidere in autonomia.
Così, è proprio il lavoro, il primo dei diritti da sancire per essere certi che l’emancipazione femminile, anche dalla violenza, non sia solo una parola vuota.
Poi però leggiamo di cronache spaventose. E apprendiamo di donne professioniste, in gamba, indipendenti, grintose sul lavoro che soccombono alla violenza. E che magari non denunciano i loro aggressori, quando ce li hanno in casa. E che decidono di perdonarli e di stare a vedere perché poi, magari, gli passa e poi, forse, è stato solo un raptus passeggero. Di raptus passeggero in raptus passeggero, purtroppo troppo spesso si muore.
Allora, di che cosa abbiamo paura noi donne? Perché diavolo sopportiamo umiliazioni, violenze, insulti, anche davanti ai nostri figli?
È un lungo cammino, lo sappiamo. Che parla di educazione. E di autostima. E di capacità di accettarsi per come si è e per come si sente di poter essere, e non di tendere disperatamente all’approvazione dell’altro. Un percorso, che parla di guardarsi allo specchio e imparare a dirsi semplicemente: vado bene. Senza usare quale unico specchio gli occhi dell’uomo che ci sta accanto. E parla di tornare davanti a quello specchio e dirsi, magari a voce alta: non ho paura, lui non mi può fare paura.
Due frasi, una parola.
Nel corso di quest’anno Vox ha dato vita a un progetto ambizioso e importante, con le università di Milano, Roma e Bari. Attraverso Twitter, abbiamo mappato l’odio che viene espresso con le parole. L’abbiamo chiamata Mappa dell’Intolleranza e abbiamo provato a capire quanto e come gli italiani siano omofobi, razzisti, antisemiti, intolleranti con i diversi. E quanto odino le donne. Ora il progetto sta per concludersi (presenteremo le conclusioni a Roma il prossimo gennaio). Ma indovinate un po’, che cosa ci raccontano le prime proiezioni: gli italiani, soprattutto, odiano le donne. E quando twittano indulgono allegramente in insulti ed epiteti contro di loro. Ci chiamano troie e puttane e zoccole e ciccione. E cagne. E vacche. Magari per scherzo. Magari così. Ma le parole feriscono. E soprattutto sono la longa manus del pensiero. Allora, quanto lavoro c’è da fare con i nostri uomini.
Foto di Duilio Edmondo Mucciconi, una delle opere finaliste della campagna di informazione europea promossa da UNRIC, organismo delle Nazioni Unite.