Aborti in calo e obiettori di coscienza in netto aumento. È quanto emerge dalla Relazione sull’attuazione della legge 194, che il Ministero della Salute ha presentato in Parlamento lo scorso 13 settembre. Un documento che fa riflettere sul fenomeno dell’obiezione di coscienza (già affrontato qui lo scorso gennaio, con il contributo di Benedetta Liberali, avvocato costituzionalista), perchè mette in luce un nuovo, grave, problema politico e culturale: quello dei ginecologi obiettori di coscienza che boicottano il diritto all’aborto.
È stata presentata il 13 settembre, in Parlamento, la Relazione redatta dal Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194, legge sulle interruzioni volontarie di gravidanza che nel 2012 sono diminuite del 4,9% rispetto all’anno precedente (106 mila casi a fronte degli oltre 111 mila) e dimezzate rispetto al 1983. Un dato positivo, certo, ma che nasconde la problematica dell’obiezione. Sono infatti aumentati gli obiettori di coscienza, con punte di quasi il 90% dei ginecologi in Campania e di oltre l’80% in tutto il Sud Italia.
Cifre, queste, che il Ministro della Salute non lascia passare inosservate: se le Relazioni precedenti dedicavano poche righe al numero di medici obiettori di coscienza nelle diverse regioni, quest’anno è stata annunciata l’istituzione di un tavolo tecnico per avviare un monitoraggio sulle singole strutture ospedaliere e sui consultori, di modo da verificare le situazioni più critiche. È possibile ipotizzare infatti che il calo del numero di interruzioni volontarie di gravidanza sia dovuto in parte a questa diffusione di obiezione di coscienza.
Se poi a tutto ciò si aggiungono la clandestinità e gli aborti avvenuti all’estero, allora la situazione si fa ancora più preoccupante. Tra i fattori che hanno contribuito a questo calo, però, ci potrebbe essere anche la considerazione per due giudizi avviati contro l’Italia dall’International Planned Parenthood Federation European Network e la Confederazione Generale Italiana del Lavoro, con lo scopo di accertare una violazione dei diritti alla vita, alla salute, all’autodeterminazione delle donne e dei diritti lavorativi, da parte dei medici non obiettori di coscienza.
Per maggiori informazioni sui giudizi contro l’Italia: www.coe.int/socialcharter.