Un nuovo passo avanti per la tutela della legge 194. La giunta Zingaretti ha imposto al personale medico il divieto assoluto di sottrarsi alle cure per abortire e l’obbligo di prescrivere farmaci contraccettivi nei consultori. Il decreto, che obbliga semplicemente che la legge venga attuata, segna un traguardo importante per la regione Lazio, dove gli obiettori di coscienza sono circa il 90% del personale medico. Una cifra record, che racconta un Paese ancora indietro nella tutela della salute della donna. Per Vox, raccogliamo la riflessione di Alessandra Vucetich, medico ginecologo e membro del direttivo di PRO-FERT, Società italiana di Conservazione della fertilità, e di CECOS ITALIA, Associazione italiana per la lotta alla sterilità.
Il decreto firmato dal Presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti pochi giorni fa, in merito alla limitazione dell’esercizio dell’obiezione di coscienza nei confronti della legge 194 (qui la notizia) è certamente condivisibile e non si può che auspicare che altre regioni lo facciano proprio. Ciò non in ragione di un particolare atteggiamento politico o culturale, ma semplicemente perché, attualmente, questa legge dello Stato risulta disattesa in maniera scandalosamente frequente.
Soltanto una decisione come quella presa dal presidente Zingaretti può infatti restituire ai cittadini (alle cittadine) il diritto di ricevere assistenza medica in caso di aborto volontario o di procedure che limitino il verificarsi di una gravidanza non desiderata. La legge che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza , cioè la legge 194/78, è da sempre riconosciuta dalle opposte parti sociali e politiche come una buona legge, frutto di un grande lavoro di confronto svoltosi negli anni ‘70 fra i partiti e le forze sociali stesse. In quel momento è stata anche garantita la possibilità a chi non voleva occuparsi di aborto di esercitare il diritto di obiezione di coscienza. In particolare i ginecologi hanno potuto appellarsi a tale diritto e declinare l’incarico di eseguire gli interventi o di occuparsi dell’ambulatorio per l’organizzazione degli interventi stessi.
Nel corso degli anni tuttavia l’abitudine ad appellarsi all’obiezione di coscienza si è estesa sempre più, coinvolgendo molte altre figure del mondo sanitario: personale paramedico, medici anestesisti, personale dei consultori ed anche farmacisti. Questi ultimi si possono appellare al diritto di non vendere né informare sui farmaci contraccettivi o intercettivi (pillola del giorno dopo). Oggi, l’applicazione della legge 194 è così fortemente disattesa in molte, ed ampie, aree del nostro paese che per tante donne non è possibile ottenere in tempo utile una prescrizione per la pillola del giorno dopo né, tantomeno, accedere all’ambulatorio di coordinamento per l’interruzione della gravidanza. E’ noto che nella regione Lazio il 90% dei ginecologi sono obiettori, questo è il dato che ha indotto il Presidente a prendere posizione con un decreto che, limitando l’esercizio dell’obiezione entro i limiti dell’aspetto assistenziale medico vero e proprio, permette semplicemente che la legge venga attuata. Se si potesse operare una valutazione della “buona fede” di chi si appella all’obiezione di coscienza si potrebbe anche ritenere accettabile che questa esista. Le segnalazioni invece che le posizioni di comodo, relative all’obiezione di coscienza siano sempre più numerose e portate dai media all’attenzione di tutti, sono ormai sempre più frequenti, e si possono fare alcune considerazioni in merito.
Soltanto due, suggerite con voce sommessa:
– Forse chi non si sente di uniformarsi alla legge dello Stato potrebbe chiamarsi fuori dall’esercitare un ruolo pubblico, come è quello di chi, medico o paramedico che sia, lavora negli ospedali del Sistema Sanitario Nazionale. Invece ciò non viene preso in considerazione perché il diritto del singolo (di obiettare) prevale sul diritto della collettività (di ricevere assistenza medica) mentre è indiscutibile che l’obiettivo, la “mission”, del SSN non può che essere quello di salvaguardare il benessere della collettività e in particolare dei suoi membri più fragili. Addirittura, intere strutture private si convenzionano con il SSN tranne che per l’esercizio degli obblighi a cui si riferisce la legge 194/78, vuoi perché il rimborso regionale (DRG) non risulta particolarmente appetibile, vuoi perché la procedura di interruzione di gravidanza risulta eticamente disturbante, per alcuni. Come se coloro che NON esercitano l’obiezione di coscienza fossero contenti per quello che si apprestano a fare… Oppure, magari, proprio contenti no, non lo sono, ma in fondo i NON obiettori sopportano meglio, perché sono un po’ cinici…”induriti dal mestiere”…, a volte senza punti di riferimento, forse senza fede…
– Rimane il fatto che, se ognuno di noi esercitasse la sua personale obiezione verso una serie di incombenze, se cioè venisse riconosciuta la possibilità della non obbedienza nei confronti delle più svariate mansioni lavorative, non potrebbe che generarsi il caos più completo.
Ben venga quindi la decisione di Zingaretti che limita la seppur discutibile possibilità di obiezione di coscienza al solo atto operatorio dell’interruzione di gravidanza, ma richiama con chiarezza tutte le figure sanitarie allo svolgimento delle proprie mansioni nell’interesse della collettività.