Come è possibile far comprendere ai cittadini il valore dell’uguaglianza? E quali sono le prerogative di una società che agevoli l’adesione ai suoi principi? Sono queste alcune delle domande a cui risponde “Per l’eguaglianza e la giustizia” (edizioni L’asino d’oro), il saggio politico del filosofo statunitense Gerald Allan Cohen uscito nelle ultime settimane in Italia. Per l’occasione abbiamo raccolto il contributo del giurista Luca Clara, traduttore del libro, che riflette sul valore dell’eguaglianza e sull’importanza di un’opera che “sottolinea il suo valore politico” nel guidare azioni e decisioni.
L’opera del filosofo politico Gerald Allan Cohen si inserisce nella corrente del cosiddetto ‘egualitarismo della sorte’. L’obiettivo di questa concezione è quello di porre rimedio alle diseguaglianze tra i membri della società in merito alle quali questi ultimi non possono essere ritenuti responsabili. Per L’eguaglianza e la giustizia, la sua opera maggiore, completa e sintetizza la concezione che Cohen – pensatore di formazione marxista analitica – ha sviluppato in altre opere minori e in una serie di articoli comparsi dall’inizio degli anni Novanta. Cohen cerca di difendere il concetto di eguaglianza da altri valori che sembrano minacciarla, in particolare la libertà e l’efficienza paretiana. La sfida è rivolta a John Rawls e alla sua Teoria della giustizia: se la società rawlsiana fosse fedele fino in fondo ai suoi principi di giustizia – sostiene Cohen – non ammetterebbe le diseguaglianze che il principio di differenza di Rawls sembra permettere. Nello specifico, se i cittadini credessero effettivamente nel valore dell’eguaglianza non avrebbero bisogno di incentivi per profondere il loro massimo impegno nella produzione economica, garantendo così l’efficienza, né si sentirebbero privati della propria libertà nello svolgere tale compito.
La tesi che Cohen espone nell’opera è che se una società vuole conquistare davvero l’eguaglianza è necessario che esista non solo una struttura normativa che ne agevoli il raggiungimento, ma anche un sentimento morale che permei la vita quotidiana di ciascuno dei suoi membri. Questo ethos di tutti gli individui, che sia o meno raggiungibile in breve tempo dall’umanità, è un sentimento sufficiente profondo da respingere gli attacchi mossi all’egualitarismo dagli argomenti dell’incentivo economico e della libertà personale.
Se la prima parte di Per l’eguaglianza e la giustizia è diretta specificatamente alla concezione di Rawls, la seconda – più meta-etica – presenta una critica al costruttivismo (in particolare di Rawls e di Scanlon) come corrente filosofica. Secondo Cohen i principi fondamentali di giustizia non possono scaturire da una procedura di selezione ad opera di agenti privilegiati, come gli abitanti della posizione originaria rawsliana: questi ultimi possono ben scegliere quelle che Cohen battezza le “norme di regolazione” destinate a governare la vita sociale, mentre i principi fondamentali di giustizia sono gerarchicamente superiori ad esse ed anzi, insieme ad altri principi, influenzano la scelta delle stesse norme di regolazione.
L’opera è importante per diverse ragioni. Innanzitutto si tratta dell’opera più significativa di un autore considerato tra i principiali nell’egualitarismo politico contemporaneo. In secondo luogo presenta un’analisi profonda e completa dell’opera di Rawls, che ha ispirato un così ampio dibattito (che va da Robert Nozick ai rawlsiani come Brian Barry). Infine dimostra come l’eguaglianza, in una dimensione etica, non sia in contrasto con altri valori, sottolineandone il valore politico.