Qual è la normativa che tutela il lavoro minorile a livello internazionale? Quali, le leggi in Italia? Dalla Convenzione dell’ONU sui Diritti dell’infanzia alle Raccomandazioni dell’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), sono tante le leggi che promuovano la tutela dei diritti dell’infanzia. Vediamole nel dettaglio.
Il lavoro minorile in Italia è oggetto di regolazione sia a livello internazionale sia a livello nazionale.
A livello internazionale
– la Convenzione dell’ONU sui Diritti dell’infanzia (1989), che promuove e tutela i diritti dell’infanzia e che, in merito allo sfruttamento del lavoro minorile, impone agli Stati il riconoscimento del diritto dei minori di essere protetti contro lo sfruttamento economico (art.32);
– le Convenzioni e Raccomandazioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), tra cui di particolare importanza sono: la Convenzione n.138, che riguarda l’età minima di ammissione all’impiego (15 anni); la Convenzione n. 182 del 1999, che, all’art. 3, definisce come “forme peggiori di lavoro”: l’adibizione al lavoro forzato, ogni forma di schiavitù, prostituzione e attività illecita, nonché qualsiasi attività che per sua natura o per le circostanze in cui viene svolta, rischia di compromettere la salute, sicurezza o moralità del minore; la Raccomandazione n. 190 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (1999), che elenca i lavori che compromettono la salute, la sicurezza e la moralità del bambino.
La Convenzione n.182 è, a oggi, il riferimento principale per la nozione di “sfruttamento del lavoro minorile”, individuando da una parte le attività riconducibili a questa nozione e dall’altra auspicando un intervento di contrasto del fenomeno da parte degli Stati basato sulla collaborazione tra ispettori, operatori dell’istruzione, servizi sociali, sanità.
In Italia
A livello nazionale, l’art.37 Costituzione impegna il legislatore a “tutelare il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.
Il suddetto impegno si traduce nella legge 17 ottobre 1967 n.777, più volte modificata in ottemperanza degli obblighi internazionali, che disciplina:
a) i requisiti per l’accesso al mondo del lavoro;
b) diritti del minore adibito al lavoro e conseguenti obblighi del datore di lavoro.
Anzitutto, la legge 777 disciplina l’accesso al mercato del lavoro, subordinandolo al raggiungimento dell’età minima e all’assolvimento dell’obbligo scolastico (la legge finanziaria del 2006 ha innalzato l’obbligo scolastico ai 16 anni, spostando di conseguenza l’età minima di accesso al lavoro dai 15 ai 16 anni n.d.r.). Questa regola viene adattata a determinati tipi di rapporti lavorativi e può essere derogata solo nel caso di impiego in attività lavorative, non pericolose, né insalubri o pesanti, a carattere culturale, artistico, sportivo o nel settore dello spettacolo che, comunque, non pregiudichino la salute, l’integrità psico-fisica e la frequenza scolastica, e sono soggette ad assenso scritto da parte dei titolari della potestà genitoriale, attestazione medica di idoneità, e autorizzazione della direzione territoriale del lavoro. Nell’ambito dei rapporti di lavoro che rispettino i requisiti di cui sopra, sono poi dettate norme in merito all’orario, ferie, trattamento previdenziale, tipi di mansioni cui i minori possono essere adibiti, formazione.
Ad oggi, le sanzioni per il datore di lavoro che violi le norme della L.777 vanno dalla punizione con arresto o l’ammenda (es. violazione dei requisiti di età e istruzione, visita medica preventiva),alla previsione di sanzioni amministrative di natura pecuniaria. L’art. 29 attribuisce, infine, il compito di vigilare sull’applicazione di tale legge oltre che agli organi di polizia, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, attraverso l’Ispettorato del lavoro. E proprio in rapporto alla vigilanza sull’applicazione della legge, e all’esigenza di contrasto dello sfruttamento economico dei minori, che richiede un’efficiente attività di monitoraggio, che si deve sottolineare come alla ratificazione della Convenzione ILO n.182, che imponeva agli Stati l’adozione di misure contro lo sfruttamento del lavoro minorile, sia seguita, in Italia, la convocazione del Tavolo di coordinamento presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, oltre a firmare nel 1998 una Carta di impegno contro lo sfruttamento del lavoro minorile, non ha finora adottato alcun intervento concreto di azione con il coinvolgimento di istituzioni e parti sociali com’era auspicato dalla Convenzione, né ha provveduto ad un aggiornamento della Carta di impegno.
Chiara Bona