Un’appassionata, vibrante, pungente riflessione di uno dei fondatori di Vox sul “pasticcio brutto” della fiducia al testo Cirinnà. Che è anche un monito urgente per la difesa dei diritti, in nome dell’uguaglianza.
Se fossi senatore, oggi, sarei arrabbiato come una tigre. Si declama l’importanza del ruolo dell’istituzione, e intanto si fanno manovrette pro o contro il governo, alla faccia dei diritti dei cittadini.
Se fossi senatore, non mi fiderei neanche col coltello alla gola dei pentastellati, pronti a violare impegni di programma e promesse elettorali pur di continuare a fare la parte del lagnoso indignato, che impreca contro tutti ma ha a cuore solo la nicchia della sua demagogia.
Se fossi senatore, penserei con angoscia a tutti i cittadini insultati ed ai loro bambini, i cui diritti sono sottomessi al misero interesse di bottega.
Se fossi senatore, resterei sempre per il matrimonio egualitario, e per l’adozione all’unico criterio dell’interesse del minore.
Se fossi senatore, voterei la fiducia al testo Cirinnà anche senza la stepchild adoption. Avrei il dovere di offrire ai molti il massimo possibile, non il fazzoletto per le lacrime della sconfitta.
Se fossi senatore, saprei che la battaglia continuerà, e la vinceremo in nome dell’uguaglianza.
Non sono un senatore, ma da cittadino so che chi mi rappresenta deve fare il bene, il bene possibile, non la predica del meglio per vestir l’ abito del puro, e ai diritti di tutti ci pensino gli altri.
Da cittadino so che il mio senatore oggi prova a portare a casa un risultato: non il migliore, ma un risultato importante. Poi si continua sulla stessa strada.