In margine alle polemiche sul movimento delle giovani americane contro il femminismo, una disamina dello stato dei diritti delle donne nel mondo occidentale. Sono davvero garantiti? Non proprio, è la riflessione di Vox. Molta, e impervia, la strada da percorrere. Un peccato, perché se solo alle donne fossero davvero garantite pari opportunità economiche, sociali e di rappresentanza, questa nostra Italia…
C’è un movimento di giovani donne che, negli Stati Uniti, sta facendo parecchio discutere. Si chiama Women against feminism. Le “adepte”, con una serie di selfie molto espliciti, che recitano più o meno: “I don’t need feminism because….”, reclamano il loro diritto di emancipazione dalle madri, dalle zie, dalle nonne che hanno lottato per la parità di genere e per l’affermazione dei diritti delle donne.
Dicono, per esempio, che non hanno bisogno del femminismo perché a loro piace cucinare per il marito che torna a casa, o che sono disposte a rinunciare al lavoro per occuparsi dei figli. Parlano, insomma, almeno in parte, di cura e di quel “maternage”, che da certe ali del femminismo anche nostrano viene rigettato come inaccettabile. Certo, lo fanno con il tono di voce leggero e spesso irritante che certi fenomeni di costume assumono al di là dell’oceano. Ma liquidare questo movimento con sorrisi sprezzanti e/ o anatemi post ideologici non ci aiuta. Perché ci impedisce di ascoltare la voce che, da qualche tempo, si leva dalle più giovani, ormai davvero emancipate dal bisogno di rivendicare i propri diritti di base (emancipazione che, ovvio, va ascritta tra le vittorie del movimento femminista). Questa voce reclama quello che, a mio parere, resta uno dei diritti fondamentali di noi donne. Il diritto di rivendicare la nostra capacità di prenderci cura di altri esseri umani e di altri esseri viventi. Parlo di quella capacità di accudimento, che è precisamente un carattere che si declina al femminile. Non solo e non tanto per imposizioni sociali e culturali, anche per un dato biologico di fondamentale rilevanza: noi portiamo in pancia i nostri figli e siamo quindi più “attrezzate” del genere maschile ad avere uno sguardo rotondo, capace di allungarsi sui bisogni e le esigenze di altri esseri viventi. È un danno? Al contrario, è una ricchezza. Perché ci rende esseri umani più completi, individui cosiddetti multitasking, capaci di pensiero creativo e laterale, quindi anche di trovare soluzioni inaspettate in ogni situazione cui la vita ci può porre di fronte. Come dimostrano le statistiche sui neolaureati, che attribuiscono un deciso vantaggio al “pensare al femminile”. O come evidenziano alcune recenti ricerche delle neuroscienze, che si concentrano sulle capacità di problem solving delle neomamme, capacità che, è stato dimostrato, sarebbero di grandissimo aiuto anche nelle situazioni di crisi aziendale. Ecco, le giovani donne danno tutto ciò per acquisito.
E però. Però le giovani donne di Women against feminism dimenticano alcune evidenze non trascurabili. Per esempio che, nella sola Europa, una donna su tre ha subito una violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita (leggete l’interessante studio sulla violenza domestica che pubblichiamo qui a fianco). O che le retribuzioni delle donne sono ancora oggi assai inferiori a quelle dei colleghi maschi. O ancora, che abbiamo dovuto decretare per legge il sacrosanto diritto di essere adeguatamente rappresentate nelle istituzioni, nelle aziende, nella politica (sì, parlo delle famigerate ma purtroppo inevitabili quote rosa). Eccetera eccetera.
Dunque, sono garantiti i diritti delle donne? Parliamo del nostro mondo occidentale, non di altre culture, dove le donne sono ancora oggi costrette a coprirsi da capo a piedi per mostrarsi in pubblico, dove sono uccise e lapidate se sospettate di adulterio (a proposito, il reato di adulterio femminile in Italia è stato abolito solo nel 1969!), dove non possono guidare, andare a scuola, scegliersi liberamente il proprio compagno di vita perchè costrette, bambine, a sposare dei vecchiacci. No, parliamo del nostro mondo civilizzato occidentale, dove ogni due giorni e mezzo (in Italia) viene uccisa una donna, dove sul luogo di lavoro subiamo ancora avances e ricatti, dove un grillino qualunque può accusare la giovane e capace collega di aver fatto strada solo grazie ai “pompini”, dove siamo pagate meno, molto meno dei nostri colleghi maschi, dove siamo ancora le prime a essere licenziate, dove se vuoi abortire ti devi mettere in lista d’attesa, e sa il cielo se riesci a farcela in tempo e poi ti ritrovi come un’appestata in reparto insieme alle festanti neomamme. E dove se solo la maggior parte di noi decidesse di iniziare o riprendere a lavorare, il Pil italiano, la misura della ricchezza reale della nostra disastrata economia, balzerebbe di svariate lunghezze.
No, i diritti delle donne non sono garantiti. Noi non siamo una minoranza da tutelare, non siamo una specie in pericolo da proteggere, siamo una risorsa importante per l’umanità intera. Lo siamo per il potenziale economico che rappresentiamo, per le energie creative che sappiamo mobilitare, per la ricchezza umana che rappresentiamo. Incredibile, doverlo ancora ribadire in questa nostra epoca civilizzata o presunta tale, anno di grazia 2014.