E’ di poche settimane fa la severa condanna della Corte europea all’Italia in materia di disabilità. Mentre a Bologna è in corso la prima conferenza nazionale sulla disabilità che veda coinvolto l’Osservatorio nazionale preposto al controllo dell’attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, VOX vuole ripartire dal diritto allo studio e al lavoro per le persone disabili.
Il primo (diritto al lavoro) rappresenta infatti il capo d’imputazione della condanna europea, il secondo (diritto allo studio) è da annoverarsi tra i fiori all’occhiello italiani a cui tanti paesi europei guardano come esempio. Per VOX ne approfondisce luci e ombre Isabella Menichini, dirigente del Comune di Parma con l’incarico di Direttore centrale Servizi alla persone e alla famiglia.
Il diritto allo studio
Rappresenta uno dei punti più avanzati della normativa italiana, cui guardano molti paesi – anche dell’Unione europea – come un esempio da seguire.
Il diritto allo studio è garantito in particolare dagli artt. 12-16 della legge 104/92.
L’articolo 12 cosi recita: 1. Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l’inserimento negli asili nido. 2. E’ garantito il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie. La legge ha fornito alle istituzioni , agli operatori, alle famiglie strumenti concreti per rendere attuato il diritto allo studio: dalle modalità di lavoro integrato tra i diversi servizi (sociali, sanitari, educativi, ecc.) alla elaborazione del profilo dinamico – funzionale di ogni alunno, alla definizione di un piano educativo individualizzato (PEI), all’obbligo per gli enti del territorio di provvede all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale; alla individuazione degli insegnanti di sostegno quale perrno del sistema di apprendimento e della didattica per gli studenti disabili. Norme sono altresì dedicate al diritto di accesso all’università: la l. 17/99 garantisce agli studenti universitari con disabilità sussidi tecnici e didattici, servizi di tutorato specializzato e trattamenti individualizzati agli esami.
L’istruzione è garantita anche a favore dei minori con disabilità soggetti all’obbligo scolastico, qualora siano temporaneamente impossibilitati a frequentare la scuola (art. 12, co. 9, L. 104/92). In proposito, è prevista l’istruzione domiciliare e l’istituzione di classi ordinarie quali sezioni distaccate della scuola statale aperte anche ai minori ricoverati senza disabilità.
Nell’anno scolastico 2010-2011 sono stati oltre 200mila gli studenti con disabilità, L’incremento si conferma essere, annualmente, intorno al 5%, arrivando ad una variazione percentuale del 50,9% dall’A.S. 2000/2001 all’A.S. 2010/2011.
Il diritto al lavoro
La legge 12 marzo 1999 n. 68 “ Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, si inserisce nella scia della legge 104/92 completandola e definendo quei percorsi di inserimento professionale e lavorativo.
Ha profondamente innovato la normativa del collocamento obbligatorio, abrogando la Legge 482/68che già da tempo aveva dimostrato la propria inadeguatezza a rispondere ai bisogni sia delle persone con disabilità, sia degli stessi datori di lavoro.
L’obiettivo della legge 68/99, la cui attuazione è affidata alle Province nell’ambito delle funzioni in materia di materia di mercato del lavoro, è quello di favorire, tra gli altri attraverso il collocamento mirato, l’incontro tra le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori disabili, prevedendo strumenti di supporto alle azioni di inserimento.
Le novità più significative della legge 68/99 sono:
• IL CONCETTO DI COLLOCAMENTO MIRATO; ovvero l’introduzione di una metodologia che permette di collocare le persone disabili in attività compatibili con le loro effettive potenzialità lavorative, attraverso l’accertamento dei profili professionali e la predisposizione di interventi necessari per valorizzare le capacità residue;
• l’applicazione di quote di riserva per le persone disabili in analogia a sistemi presenti in altri paesi dell’Unione europea, estendendo l’obbligo a tutte le imprese superiori a quindici dipendenti, compresa la pubblica amministrazione;
L’obbligo di assunzione, limitato alle nuove assunzioni e con esclusivo riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative, riguarda inoltre i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nell’ambito della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione. Per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, il collocamento delle PcD attiene ai soli servizi amministrativi;
• il decentramento di competenze in materia di collocamento al lavoro attraverso nuove funzioni degli enti locali al fine di favorire l’integrazione tra politiche attive del lavoro, servizi all’impiego e politiche formative;
• l’attivazione dello strumento della convenzione per adattare i processi di inserimento lavorativo alle particolari caratteristiche della domanda, dell’offerta nonché del contesto socio-economico locale;
• l’istituzione di un sistema di incentivi correlato al grado di invalidità della persona da assumere;
• la previsione di un apposito fondo regionale finalizzato al finanziamento di programmi di inserimento lavorativo (negli ultimi anni progressivamente ridotto e poi azzerato, rifinanziato con il governo Letta;
• l’istituzione di organismi tecnici.
L’elemento principale di novità della normativa è indubbiamente legato al concetto di collocamento mirato. Si è passati da un generico obbligo di assumere ad un processo più articolato per valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione”.
L’obiettivo non è semplicemente quello di trovare un impiego alla persona con disabilità, ma, piuttosto, quello di innescare un circolo virtuoso che riesca a valorizzare in pieno le potenzialità della persona, facendone un elemento positivo e produttivo all’interno del contesto lavorativo.
Di particolare interesse l’art. 17, che impone alle imprese, sia pubbliche che private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, di presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che attengono al diritto al lavoro delle Persone con disabilità, pena la loro esclusione. Nel 2006 risultavano 648.785 individui registrati agli elenchi previsti dalla normativa, aumentati a 712.424 nel 2007 e a 721.827 nel 2008. Il numero di iscritti registrati nel 2009 è di 706.568 individui e mostra una contrazione di oltre 15.000 unità rispetto all’anno precedente, prevalentemente a carico della componente femminile (-11.719 unità). La distribuzione nelle liste vede permanere una spiccata prevalenza di iscritti nelle Regioni del Sud e nelle Isole, con valori che da anni si attestano intorno al 60% del totale.
Il numero di lavoratori con disabilità avviati al lavoro, nel 2009, è di 20.830 unità, con una rilevante riduzione rispetto all’anno precedente (erano 28.306 nel 2008) dovuto principalmente agli effetti della crisi economica sul mercato del lavoro.