“La decisione della Consulta sulla fecondazione eterologa rappresenta una svolta epocale in materia di diritti e di tutele della persona”. È il parere di Maria Paola Costantini, avvocato difensore delle coppie e referente nazionale di Cittadinanzattiva per le politiche della procreazione assistita.
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della art. 4 comma 3 e dell’art. 9 degli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma1, della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita.
Il giudizio della Corte riguardava esclusivamente due questioni arrivate rispettivamente dal Tribunale di Milano e da quello di Catania, mentre per la terza ordinanza proveniente dal Tribunale di Firenze le parti non si sono costituite. I difensori delle coppie di Milano e Catania, Marilisa D’Amico, Maria Paola Costantini, Massimo Clara e Sebastiano Papandrea avevano chiesto che la Corte dichiarasse l’incostituzionalità su profili legati alla violazione del principio di uguaglianza, alla tutela dei principi in materia famigliare e sul diritto alla salute. Hanno sostenuto le azioni legali Cittadinanzattiva, l’Associazione Hera e SOS Infertilità.
La Corte ha riconosciuto di nuovo – dopo la sentenza del 2009 sempre sulla Legge 40/2004 – che anche in questo caso andavano tutelate “le giuste esigenze di procreazione”, la rilevanza di adeguare il nostro sistema che peraltro già prevedeva tutte le protezioni per il nascituro. Il diritto a creare una famiglia e al rispetto della vita privata e familiare sancito dalla Corte europea nonché il diritto alla salute e alla famiglia della nostra Costituzione trovano così piena attuazione. Si tratta di un ragionevole e corretto bilanciamento tra i diritti. Con questa decisione si è eliminato un vuoto normativo che creava una discriminazione per le coppie sterili nel loro percorso genitoriale. Allo stesso tempo la pronuncia ristabilisce una equità fra coppie e soprattutto elimina un mercato degli ovociti ormai diffuso e in aumento.
Nella decisione – la motivazione sarà depositata nel prossimo mese – certamente si farà riferimento ad alcuni elementi che sono stati sottoposti alla Corte nelle memorie difensive.
In primo luogo, non esiste un vuoto normativo perché già la Legge 409/2004 contiene alcune garanzie che consentono una applicazione immediata della decisione. E’ infatti assicurata che la donazione di gamete sia gratuita e che non sia possibile la mercificazione delle donne donatrici; il donatore sarà coperto da anonimato e non acquisirà alcun rapporto con il nato. Non sussiste nessuna possibilità di pluri figure genitoriali. E’ vietato il disconoscimento di paternità. Inoltre è chiaro che il divieto è stato eliminato per gli stessi soggetti legittimati ai sensi della Legge 40/2004 ad accedere alle tecniche di fecondazione in vitro: coppie coniugate e conviventi, entrambi viventi, in età fertile e maggiorenni. Infine, la donazione verrà nei centri di PMA attraverso una modalità di tipo altruistico e solidaristico, attraverso un percorso di consenso informato e secondo precise indicazioni mediche.
Con questo quadro è evidente che non saranno necessari provvedimenti legislativi né una modifica della Legge 40/2004. Saranno i Centri medici, insieme alle società scientifiche – come è stato fatto dopo la decisione della Corte Costituzionale n. 151/2009 sempre in materia di procreazione assistita ad attivare linee guida per una corretta applicazione, con il supporto delle istituzioni competente e il coinvolgimento delle associazioni di cittadini e pazienti