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Parità / Redazione /

Violenza sulle donne: quali strumenti per quale società?

Quale significato dare al 25 novembre, come trasformarlo in un’ occasione utile e non nell’ennesima celebrazione in cui si dicono tante cose interessanti, ma alla fine conosciute e nel complesso poco utili?

E’ sicuramente importante porre i riflettori sul fenomeno e sui numeri, che purtroppo vengono ricordati quasi quotidianamente a causa dell’emergenza: assistiamo sgomenti a episodi continui.

 

Si possono individuare diverse forme di violenza nei confronti delle donne: la violenza di tipo fisico e sessuale innanzitutto, ma anche quella psicologica, economica e sociale, e infine quella che può essere definita mediatica.

Come noto il legislatore nazionale è intervenuto colmando un grave vuoto di tutela con la legge che ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di atti persecutori (L. n. 38 del 2009) e, poche settimane fa, ha introdotto alcune modifiche tese a rafforzare la tutela delle donne vittime di violenza (L. n. 119 del 2013).

Inoltre, sempre recentemente, il Parlamento ha provveduto a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (L. n. 77 del 2013).

A fronte dell’intervento statale, non si può dimenticare la dimensione regionale che può assumere la stessa tutela delle vittime di violenza e la necessaria prevenzione rispetto a gravi delitti contro le donne. Molte Regioni hanno adottato discipline in questa direzione. Si pensi in particolare alla Legge della Regione Lombardia (L. R. n. 47 del 2012), che pone in evidenza elementi comuni rispetto alle altre normative regionali, confermandone quindi una linea di continuità ideale che si fonda, in particolare, sulla promozione di una cultura di genere e su attività di prevenzione del fenomeno della violenza.

A questo proposito, non si può non rilevare come sia presupposto essenziale nella nostra società un cambiamento profondo nel modo di considerare le donne e il loro rapporto con la dimensione pubblica e privata della vita.

Un simile cambiamento, che contribuirebbe in modo determinante alla lotta contro la violenza, può essere utilmente avviato a partire dalla comunicazione e dalla pubblicità.

Con lo sviluppo delle moderne tecnologie infatti si assiste sempre più spesso alla presentazione di pubblicità, che sembrano fare un passo indietro rispetto alle conquiste ottenute in passato nel rapporto tra i due generi. Occorre quindi considerare l’effetto che i messaggi pubblicitari producono sulla società e sul suo stesso sviluppo.

Da questo punto di vista si segnala il tentativo di approvare una normativa tesa a rafforzare i principi della parità e della non discriminazione tra i generi nell’ambito della pubblicità e dei mezzi di comunicazione (Disegno di legge n. AC 4176 del 2011).

 

Risulta infatti del tutto imprescindibile non solo l’introduzione di fattispecie penali tese alla repressione della violenza una volta che sia stata commessa, ma anche la promozione di un reale mutamento della società nell’approccio alle tematiche di genere in relazione ai profili della discriminazione e dei vari tipi di violenza, che può essere perseguito attraverso iniziative di formazione e di educazione, a partire da tutti i livelli di istruzione.

Insomma ci auguriamo davvero che accendere i riflettori sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne sia utile a far riflettere a tutto tondo sulla condizione femminile in Italia: una condizione che vede grandi passi avanti, dal punto di vista dell’istruzione, del lavoro, del raggiungimento di posizioni apicali, della realizzazione anche di strumenti per ottenere una parità effettiva, ma al tempo stesso anche grandi passi indietro: per tante donne che migliorano la propria condizione lavorativa, ce ne sono altrettante che la perdono o non riescono ad ottenerla; per tante donne che avanzano nell’autonomia e nei riconoscimenti, ce ne sono altrettante che non riescono a godere di spazi di libertà un tempo indiscussi (si pensi alla disapplicazione della legge n. 194 del 1978, attraverso il massiccio ricorso all’obiezione di coscienza, che espone le donne giovani o meno abbienti a numerosi rischi). E la violenza sulle donne emerge così in una società in crisi, dove quella democrazia fondata anche sull’eguaglianza dei sessi, non si è alla fine ancora completamente realizzata e viene minacciata costantemente nel quotidiano di ognuna di noi.

Sotto questo aspetto, non basta accontentarsi di creare strumenti giuridici, soprattutto repressivi, se non si affrontano in radice problematiche complesse, che riguardano il nostro modo di stare insieme, sia nello spazio pubblico che in quello privato.

Scritto da: Redazione

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