Il 6 giugno scorso sono stati premiati i 20 migliori progetti che hanno risposto a “Youth in Action”, la call for ideas promossa dalla Fondazione Accenture, insieme a Fondazione Eni Enrico Mattei e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Le idee dovevano favorire la realizzazione dei cosiddetti “Sustainable development goals” dell’ONU. Vox – Osservatorio italiano sui diritti era nella giuria e ha premiato il progetto di Chiara Gemetti, un impianto di riciclaggio su scala comunitaria.
di Ilaria Liberatore
Si è concluso il 6 giugno il concorso “Youth in action for sustainable development goals”, la call for ideas promossa da Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Eni Enrico Mattei e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e rivolta a giovani under 30. Vox – Osservatorio Italiano sui diritti ha partecipato in qualità di partner e membro della giuria. Il concorso aveva l’obiettivo di raccogliere e premiare le migliori idee progettuali in grado di favorire, con soluzioni innovative e dalla forte componente tecnologica, la realizzazione dei cosiddetti “Sustainable Development Goals” (SDGs): si tratta dei 17 obiettivi e 169 target promossi dalle Nazioni Unite e adottati dai 193 Paesi membri dell’ONU, per la realizzazione dello sviluppo sostenibile per i prossimi 15 anni (dalla tutela della salute allo sviluppo economico, dall’empowerment femminile al diritto allo studio, ecc). Sono stati chiamati in causa proprio i giovani perché «teniamo molto alla formazione dei giovani talenti sul tema dello sviluppo sostenibile – spiega a Vox Valentina Mazzullo, di Fondazione Italiana Accenture – e perché reputiamo importante stimolare la loro capacità creativa sull’implementazione dell’Agenda 2030, contribuendo con soluzioni innovative, ad impatto sociale e connotate da una componente tecnologica». Hanno risposto al bando in più di 180, 93 sono stati i progetti selezionati, 40 i finalisti e 18 i vincitori, che avranno la possibilità di svolgere uno stage retribuito, messo a disposizione dai promotori e partner della call for ideas. La migliore idea in assoluto, inoltre, sarà presentata a New York all’International Conference on Sustainable Development (ICSD) 2017, la più importante conferenza mondiale sui temi dello sviluppo sostenibile. «Tutti i progetti pervenuti ci hanno colpito per la visione e la piena consapevolezza dell’importanza che gli SDGs hanno per lo sviluppo sostenibile anche del nostro Paese – aggiunge Valentina Mazzullo -. Gli under 30 dimostrano una volta di più di essere cittadini consapevoli, capaci di prendere in mano il futuro che è loro in piena sintonia con i valori della sostenibilità».
VOX PREMIA UN PROGETTO DI IMPIANTO DI RICICLAGGIO SU SCALA COMUNITARIA
Il progetto premiato da Vox – Osservatorio Italiano sui diritti è l’“Impianto di riciclaggio su scala comunitaria” della giovane architetta Chiara Gemmiti. L’impianto è in grado di smaltire carta, plastica, metallo e vetro con l’uso di apparecchiature a bassa automazione e piccola taglia. Oltre all’attività di riciclo, prevede anche un lavoro artigianale e artistico successivo, nel quale, con i nuovi materiali, si realizzano prodotti di eco-design dall’alto valore aggiunto, da poter utilizzare, ad esempio, nel settore dell’alta moda. Trentenne di Sora (FR), romana di adozione, ma col cuore internazionale, dagli Appennini (L’Aquila) all’Himalaya (Nepal), Chiara ha scelto di lavorare su un progetto che avesse un forte impatto sociale perché, spiega a Vox, «oggi noi architetti dobbiamo assumere un ruolo di ‘’leader sociali’’ combattendo in prima linea e fornendo soluzioni concrete, pragmatiche, tangibili, che mirino a dare un lavoro ai disoccupati, a migliorare l’integrazione tra migranti e nazione ospitante, che aiutino le donne di ogni angolo del mondo a emanciparsi, socialmente e professionalmente».
LA PICCOLA SCALA, BUONA PER IL PIANETA, PER L’ECONOMIA E PER LA SOCIETA’
L’impianto ecologico progettato da Chiara, su un’area di circa 1300 mq, impiegherebbe in tutto una decina di formatori e 91 lavoratori (75 nell’area produttiva e 16 in quella artigianale). La sua produttività giornaliera, con 110 kg/g di materiale all’ingresso, si aggirerebbe attorno ai 100 kg/g (pari a «500 scatole di scarpe, 125mila in un anno»). Il tutto con i vantaggi della piccola scala, più sostenibile perché ha un’infrastruttura complementare, crea un sistema capillare di scala distrettuale, sviluppa responsabilità sociale (con particolare attenzione per l’ambiente), crea più coinvolgimento tra i cittadini e genera più lavoro. «Le macchine a bassa automazione – spiega Chiara – possono funzionare anche in aree con scarsa disponibilità di energia elettrica, sia rurali che urbane; hanno costi minori e un minore impatto ambientale; sono di piccola taglia quindi favoriscono il lavoro manuale: possono quindi essere usate ‘’ovunque a da chiunque’’. Ovviamente tutto previa formazione». Non solo. Il progetto vuole valorizzare anche il Made in Italy, sfruttando le conoscenze consolidate dell’industria manifatturiera, con particolare attenzione al ricco patrimonio dell’artigianato italiano («l’arte del mastro cartaio e la produzione di carta a mano», ad esempio), con conseguente empowerment sociale e professionale.
DOVE ANDRA’ IL PROGETTO
Un impianto del genere, nei Paesi industrializzati, «potrebbe aiutare l’integrazione di migranti, ex detenuti, potrebbe essere un’unità installata vicino scuole e centri sociali per formare personale qualificato». In quelli in via di sviluppo «può dare un mestiere, sviluppare economie locali, creando mercati di beni, può essere uno strumento di integrazione sociale e professionale». Chiara ha già pensato a un finanziamento da parte di brand di alta moda: «un paio di scarpe costoso può essere venduto con una cifra aggiuntiva di 25 euro (il costo della scatola) – spiega – e avere, quindi, un ricavo annuo di 3.125.000 euro. Una cifra più di tre volte superiore all’investimento iniziale per la realizzazione dell’impianto!». Il primo Paese in cui Chiara ha pensato di realizzare l’impianto è il Nepal, «perché ho un forte legame con questa terra», ma si potrebbe partire proprio dall’Italia, «con un progetto pilota, anche per consolidare il knowhow», magati a Roma, dove potrebbe essere «una valida risposta al problema dei rifiuti e per favorire negli abitanti una maggiore responsabilità ambientale e sociale». Per il suo futuro, invece, Chiara immagina «un lavoro nel campo umanitario, che mi permetta di collaborare con Ong, e fieldwork in campi di accoglienza. E magari, perché no, scrivere un libro su tutte queste esperienze».